La definizione di cure palliative
Le cure palliative rappresentano l’assistenza attiva e globale al paziente quando lo stadio avanzato di malattia non permette più la guarigione (1). In particolare:
- Concedono sollievo dal dolore e dai sintomi che provocano sofferenza
- Sostengono la vita e guardano al morire come ad un processo naturale
- Migliorano la qualità della vita e possono influenzare positivamente il decorso della malattia
- Non intendono né affrettare né posporre la morte
- Integrano nell’assistenza aspetti psicologici e spirituali
- Offrono una rete di supporto per aiutare la famiglia a far fronte alla malattia del paziente e al lutto
- Prevedono un approccio di équipe per rispondere ai bisogni del paziente e della famiglia, incuso, se indicato, il counselling per l’elaborazione del lutto
- Sono applicabili precocemente nel corso della malattia in associazione ad altre terapie che hanno lo scopo di prolungare la vita come la chemioterapia e la radioterapia
- Prevedono le indagini necessarie per una migliore comprensione e un miglior trattamento delle complicazioni cliniche che causano sofferenza
- Dovrebbero essere proposte con gradualità, ma prima che le problematiche diventino difficili da gestire
- Non devono essere prerogativa solo di un team specializzato e attivati soltanto quando tutti gli altri interventi terapeutici sono stati interrotti
- I principi delle cure palliative devono diventare parte integrante di tutto il percorso di cura e devono essere garantiti in ogni ambiente assistenziale
La radioterapia e la chemioterapia a scopo palliativo permettono un controllo della progressione della malattia e agiscono positivamente sui sintomi. I pazienti, tuttavia, possono mal interpretare il significato dei trattamenti proposti in relazione alla prognosi e agli intenti, nutrendo, così, aspettative non realistiche sulla cura del cancro. (2)
Se i pazienti dimostrano di non aver compreso il razionale della terapia che viene loro proposta, è difficile che riescano a prendere decisioni informate sui trattamenti e sulle cure del fine vita. Ad esempio, le persone che sovrastimano la propria prognosi, accetteranno con più probabilità trattamenti aggressivi e, dal punto di vista gestionale, più impegnativi (3).
Che cos’è la speranza?
Le Medical Humanities aiutano a trovare una definizione. Groopman scrive (4): “(…) La speranza non nasconde né sminuisce gli ostacoli e le insidie che incontriamo strada facendo. In altre parole, non bisogna confondere speranza e illusione. (…) La speranza può arrivare solo quando riconosciamo che esistono alternative, quando sappiamo di poter compiere scelte reali. La speranza può fiorire solo quando crediamo che le nostre azioni possono cambiare le cose, rendere diverso il nostro futuro. In questo senso, avere speranza significa essere convinti di esercitare un certo controllo su ciò che ci circonda. Significa non sentirsi alla mercé delle forze esterne.”
Quali sono i fattori che contribuiscono allo svilupparsi di speranze non realistiche da parte dei pazienti e dei familiari sul significato della terapia palliativa? (3)
I professionisti sanitari incontrano serie difficoltà nel parlare di prognosi, specialmente quando è scarsa. Non si tratta di mentire sulla prognosi, bensì temere di rischiare di intaccare la relazione con il paziente, distruggere ogni speranza e causare stress emotivo. Inoltre, può essere la famiglia a chiedere di nascondere al paziente la cattiva notizia. Dunque, pazienti e professionisti sanitari possono colludere sul tema della prognosi, focalizzando l’attenzione sul calendario dei trattamenti ed evitando di approfondire il discorso della traiettoria a lungo termine della malattia.
Anche la comunicazione può contribuire ad alimentare false aspettative. Affermazioni come “Il cancro sta rispondendo alla terapia” o “Questo tumore può essere trattato”, possono indurre la persona ad intendere che il significato di ciò che le si sta comunicando sia: “Questo tumore può essere curato”. Alla cattiva interpretazione possono contribuire un basso livello di istruzione o elevati livelli di ansia e depressione. Inoltre, i meccanismi di coping possono spingere il paziente ad allontanare ciò che è considerato spaventoso e inaccettabile e mantenere alte aspettative anche dopo un chiaro colloquio sulla prognosi e le tossicità delle terapie da parte dell’oncologo.
Perché essere consapevoli dello scopo delle terapie che si stanno intraprendendo ha un impatto positivo sul benessere psicologico del paziente?(3)
Senza capire i limiti del trattamento che viene loro proposto, i pazienti non possono realmente manifestare un consenso che sia considerato informato. È indispensabile che la persona soppesi i rischi e benefici della terapia con il sostegno dell’équipe curante e, di riflesso, considerare se i propri bisogni di vita rimangano o meno soddisfatti.
Secondo uno studio (5) la personale percezione dei pazienti sulla prognosi influenza le preferenze sulla scelta del trattamento. Nella coorte di pazienti affetti da tumore metastatico del colon retto e del polmone, per le persone che avevano un’aspettativa ottimistica e sovrastimata rispetto al parere degli oncologi riguardo la prognosi a 6 mesi di vita è stata registrata una probabilità 2.6 volte maggiore di sottoporsi a terapie aggressive e di rifiutare le cure palliative. Oltre a non essere stato documentato alcun beneficio in termini di sopravvivenza, sono stati registrati più accessi in ospedale, più tentativi di rianimazione e più decessi durante il supporto alla ventilazione.
Il rischio di distruggere la speranza, di peggiorare lo stress e la depressione nei pazienti che ricevono un adeguato colloquio con l’équipe medico-infermieristica non è riportato in letteratura. Al contrario, i pazienti a cui sono stati negati onesti colloqui sulla prognosi ne hanno sofferto e avrebbero ricercato il confronto con l’oncologo sulla propria aspettativa di vita, se gli fosse stata offerta l’occasione (5). Quando l’incontro viene condotto in un modo supportivo, crea un’atmosfera di apertura e di fiducia: il paziente mette in ordine le priorità, ridefinisce i suoi obiettivi, concentra le proprie speranze su ciò che è realisticamente raggiungibile, confortevole e significativo.
Anche i membri della famiglia ne escono più preparati e consapevoli degli avvenimenti futuri. Essere guidati nell’elaborazione dell’idea di una prognosi sfavorevole aumenta la loro soddisfazione riguardo le cure del fine vita.
Quali sono le preferenze dei pazienti e dei loro familiari riguardo le informazioni sulla prognosi? (3)
Non tutti i pazienti desiderano conoscere quanto gli resti da vivere e la comunicazione dovrebbe essere quanto più possibile personalizzata sul caso specifico.
La letteratura suggerisce ai medici e agli infermieri coinvolti nella presa in carico alcune strategie comunicative per condurre il colloquio con il paziente:
- Permettere al paziente di fare domande
- Cercare di non apparire nervosi, evitando volutamente di toccare il tema della prognosi e parlando solo del trattamento attivo
- Tenere presente che la frustrazione del paziente potrebbe esacerbarsi se percepisce che il professionista sta nascondendo notizie peggiori
- Utilizzare frasi chiare
- Astenersi dal parlare prima con la famiglia e poi con il paziente
- Spiegare alla persona che il dolore sarà sempre controllato e che non sarà abbandonata anche quando il trattamento attivo sarà interrotto
Il ruolo degli infermieri nel diffondere la “cultura” delle cure palliative
L’assistenza infermieristica palliativa comprende ed enfatizza alcune delle peculiarità dell’assistenza generale infermieristica: sollievo dai sintomi, comunicazione e advocacy. Le cure palliative non riguardano soltanto l’oncologia, bensì pervadono tutti gli ambiti della cura, producendo effetti positivi sulla qualità della vita dei pazienti e dei familiari.
Gli infermieri hanno la potenzialità di contribuire a diffondere la cultura delle cure palliative all’interno dei contesti in cui prestano servizio.
Il loro prezioso contributo di supporto ai pazienti passa attraverso (6):
- La consapevolezza del ruolo professionale: maturare e percepirne l’importanza permette di farsi carico delle responsabilità per soddisfare i bisogni assistenziali dei pazienti in autonomia secondo le proprie competenze e Profilo Professionale e/o in collaborazione con le altre figure professionali (medici, fisioterapisti, terapisti occupazionali, dietisti).
- La costruzione di una relazione autentica con il paziente nella quale non si esiti sul parlare di palliazione: gli infermieri tendono a stimolare nei loro pazienti la speranza nella cura della malattia alla luce del rapporto quotidiano che si instaura. Per loro, come per i pazienti, è faticoso ridefinire il concetto di speranza alla luce dei limiti imposti da una malattia a prognosi infausta. Eppure, nonostante evitare discorsi emotivamente intensi e gravosi possa sembrare utile per aiutare il paziente a adattarsi al presente, ci si può ritrovare incastrati in dilemmi morali e in situazioni eticamente complesse da affrontare, quando complicanze urgenti richiedono interventi e decisioni altrettanto urgenti.
In ultima analisi, per affrontare e riflettere sulle questioni sopra discusse, in un’interessante call to action (6) rivolta agli infermieri si raccomanda di:
- Trasmettere conoscenze di infermieristica palliativa e incoraggiare lo sviluppo di specifiche competenze a favore degli studenti già durante la formazione accademica
- Continuare a coltivare tali competenze nel corso della carriera, indipendentemente dal setting lavorativo
- Garantire supporto psicologico ed emotivo agli infermieri coinvolti nell’assistenza
- Creare ambienti di lavoro sani, confortevoli e aperti al dialogo sui conflitti etici
Bibliografia
- Global Atlas of Palliative Care at the End of Life, WHO-OMS Defining palliative care. Ultimo accesso 08/12/2020 https://www.thewhpca.org/
- A. Ghandourh, Palliative care in cancer: managing patients’ expectations, Journal of Medical Radiation Sciences 63 (2016) 242–257
- M. TaberI, E.M. Ellis, M. Reblin, L. Ellington, R.A. Ferrer, Knowledge of and beliefs about palliative care in a nationally-representative U.S. sample. PLOS ONE, 2019
- Groopman G. Anatomia della speranza. Come reagire davanti alla malattia. Vita e Pensiero, 2004, pp. 14 e 37
- C. Weeks, E.F. Cook, S.J., O’Day, Relationship between cancer patients’ predictions of prognosis and their treatment preferences, JAMA 279 (1998) 1709–1714.
- L. Hagana, J. Xub, R.P. Lopezc, T. Bresslerd, Nursing’s role in leading palliative care: A call to action, Nurse Education Today 61 (2018) 216-219
- R. Fried, E.H. Bradley, J. O’Leary, Prognosis communication in serious illness: perceptions of older patients, caregivers, and clinicians, Journal of the American Geriatrics Society 51(2003) 1398–403.