Alberto Settembrini
UOC Chirurgia Vascolare, IRCCS Ca Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
La “malattia delle vetrine” è così chiamata perché le persone che ne sono affette sono costrette a fermarsi spesso per guardare le vetrine dei negozi, riposandosi e riducendo lo sforzo muscolare richiesto agli arti inferiori. Tale problematica clinica può manifestarsi dopo i 55 anni di età ed è caratterizzata da dolore localizzato in corrispondenza del polpaccio durante l’esercizio fisico.
Perché avviene questo?
Nella maggior parte dei casi perché l’aterosclerosi colpisce le arterie degli arti inferiori riducendo progressivamente l’apporto di ossigeno ai tessuti periferici causando una condizione patologica nota come arteriopatia obliterante cronica periferica (AOCP) degli arti inferiori. Essa è caratterizzata da una riduzione progressiva della perfusione arteriosa in conseguenza di stenosi o occlusioni lungo l’albero vascolare arterioso della coscia e della gamba, con conseguente ischemia delle estremità. Tale condizione clinica si manifesta con un accumulo dell’acido lattico prodotto dal lavoro anaerobico dei muscoli in conseguenza del ridotto apporto di ossigeno con il flusso ematico. L’incremento dei metaboliti del metabolismo anaerobico può condurre a una sofferenza muscolare e cutanea dei tessuti.
Dal punto di vista clinico, il sintomo principale è la claudicatio intermittens: dolore riferito dal paziente all’arto inferiore durante la deambulazione dei muscoli a valle dell’arteria malata.
Essa è valutata in base alla distanza che può essere percorsa dal paziente prima della comparsa del dolore muscolare (intervallo libero). In molti casi la sintomatologia dolorosa, una volta insorta, è riferita come progressivamente ingravescente.
La classificazione dell’arteriopatia periferica
L’arteriopatia periferica segue due classificazioni di cui una è l’evoluzione dell’altra: la classificazione di Leriche-Fontaine e la classificazione di Rutherford.
La prima, la classificazione di Leriche-Fontaine, suddivide la patologia in 5 gradi:
- Arteriopatia asintomatica.
- Divisa in A e B a seconda che la claudicatio riferita si manifesti oltre i 100 metri di cammino o prima dei 100 metri.
- Il paziente lamenta dolore a riposo.
- Quando sono presenti delle lesioni trofiche agli arti. Queste ultime sono anche definite come quadro di ischemia critica e cioè una situazione in cui l’arto soffre anche senza essere sottoposto ad alcuno sforzo.
Nel 1997 Rutherford presentò una nuova classificazione con 6 gradi:
- Asintomatico.
- Claudicatio oltre i 200 metri.
- Claudicatio moderata entro i 200 metri.
- Claudicatio severa entro i 100 metri.
- Dolori a riposo.
- Perdite di tessuto minori.
- Perdite di tessuto maggiori1.
Incidenza, prevalenza e fattori di rischio dell’arteriopatia periferica
La prevalenza dell’arteriopatia periferica aumenta con l’età ed è di circa 4-12% nella popolazione oltre i 55 anni, per giungere fino all’40% oltre gli 80 anni d’età. L’incidenza nel sesso femminile è la metà di quella che si registra nel sesso maschile, per poi diventare sovrapponibile nella popolazione in età avanzata. I fattori di rischio principali sono: il fumo di sigaretta e il diabete mellito. L’incidenza dell’ischemia critica (con sofferenza tissutale muscolare e/o cutanea, anche senza sforzo) è di 500-1000 casi/milione/anno in Europa e Nord America, mentre il 5-10% degli arteriopatici evolve verso ischemia critica in 5 anni e solo l’1-3% presenta all’esordio un quadro avanzato. Questo avviene in particolare nei pazienti diabetici che, a causa della neuropatia, non lamentano i sintomi fino a quando il quadro non è avanzato (30-50% dei casi). Inoltre, i pazienti affetti da ischemia critica, hanno una mortalità del 20-30% nel primo anno e la sopravvivenza nei successivi 5 anni è di circa il 30%, mentre il rischio di amputazione è del 40% dopo 3 anni.2,3
Linee guida per la valutazione e il trattamento dell’arteriopatia periferica
La letteratura internazionale è ricca di articoli scientifici sull’arteriopatia periferica, in particolare sull’ischemia critica e, negli ultimi anni, grazie allo sviluppo dei team multidisciplinari, sulla malattia vascolare diabetica e sul piede diabetico.
Le più recenti linee guida sono quelle emesse dalle Società di Chirurgia Vascolare Italiana nel 2015, Americana nel 2016 ed Europea nel 20174,5,6.Dalle linee guida abbiamo concordanza nelle raccomandazioni soprattutto nella gestione ambulatoriale dei pazienti arteriopatici.
Fra le nuove raccomandazioni è importante ricordare che tutti i pazienti affetti da cardiopatia dovrebbero ricevere una valutazione approfondita per arteriopatia periferica e tutti i pazienti che giungono per una valutazione per arteriopatia periferica dovrebbero essere screenati per aneurisma dell’aorta addominale.
Quando invece un paziente giunge in ambulatorio per sospetta arteriopatia o con un quadro di claudicatio intermittens sia a lunga, sia a breve distanza, deve essere inizialmente sottoposto a esame obiettivo con la valutazione della pulsatilità dei polsi femorali, poplitei e tibiali e all’esecuzione dell’Ankle Brachial Index (ABI – Indice caviglia braccio) o Indice di Winsor, che può discriminare la presenza o meno di un’arteriopatia e il grado della stessa.
In questo caso l’approccio terapeutico, soprattutto in caso di asintomaticità, deve essere conservativo; con il controllo dei fattori di rischio (i.e. fumo di sigaretta, dislipidemia, iperomocisteinemia, ipertensione arteriosa e diabete), con l’esercizio fisico (meglio se monitorato dalla professionisti adeguatamente formati) ed con l’eventuale prescrizione di una terapia farmacologica specifica.
La terapia farmacologica nell’arteriopatia periferica
Il trattamento medico dovrebbe essere intrapreso solo in caso di iniziale sintomatologia riferita dal paziente e consta di singola terapia antiaggregante associata alla statina per permettere un miglioramento dell’intervallo di marcia. Nei pazienti che assumono già una terapia anticoagulante, il trattamento antiaggregante, solitamente, non viene prescritto.7
A proposito della terapia antiaggregante: le linee guida hanno sancito la superiorità del clopidogrel nei confronti della cardioaspirina, ma tuttora nella pratica clinica, il farmaco iniziale è la cardioaspirina, perché più maneggevole nella sua gestione ed eventuale sospensione in previsione di interventi chirurgici.
In aggiunta a queste terapie viene spesso utilizzata, sin dall’inizio della cura, anche la terapia vasoattiva. Sono diversi i farmaci che, secondo le linee guida, hanno una sufficiente evidenza scientifica come: cilostazolo, naftidrofurile e L-propionil carnitina. Fra questi, quello che attualmente sembra aver dimostrato una maggiore evidenza di efficacia è il cilostazolo, inibitore della Fosfodiesterasi-3 nel sistema cardiovascolare. Questo farmaco ha proprietà vasodilatatorie perché determina un rilassamento della muscolatura vascolare liscia e inibisce la mitogenesi e la migrazione delle cellule muscolari lisce; contemporaneamente riduce l’aggregazione piastrinica.
L’utilizzo di questo farmaco è principalmente indicato nei pazienti claudicanti, con un aumento dell’intervallo di marcia libero da dolore del 25% dopo 12 settimane di trattamento, così come il miglioramento dell’Indice caviglia-braccio.6
L’approccio invasivo all’arteriopatia periferica
Se il paziente si presenta alla valutazione con un’arteriopatia in stadio avanzato oppure se, nonostante il trattamento farmacologico, non è possibile ottenere un miglioramento clinico, è necessario programmare un approfondimento diagnostico con ecocolordoppler, che permette un inquadramento dinamico e dei compensi periferici, e successivamente Tomografia Computerizzata o Risonanza Magnetica in previsione di un trattamento invasivo.
Infatti, in caso di stenosi e/o occlusioni brevi, l’approccio endovascolare è quello preferibile, con angioplastica con pallone o con posizionamento di stent. In caso di occlusioni lunghe o malattia diffusa stenosante, la prima indicazione dovrebbe essere invece il trattamento chirurgico con bypass in vena. Il distretto aorto-iliaco e femorale richiede come primo approccio quello endovascolare, mentre il distretto infrainguinale o infrapopliteo potrebbe giovare in prima istanza di un trattamento chirurgico o ibrido.
La terapia farmacologica post-operatoria
Un altro punto fondamentale è la terapia post-operatoria: se il trattamento è percutaneo con angioplastica, stenting o ibrido (chirurgia e trattamento endovascolare), la terapia farmacologica prescritta deve essere il doppio antiaggregante (clopidogrel e cardioaspirina) per un periodo minimo di tre mesi, in particolare in caso di trattamento sui vasi tibiali.
Se la rivascolarizzazione è chirurgica con bypass (che dovrebbe essere in vena safena), la terapia postoperatoria prevede per lo più il trattamento mono-antiaggregante oppure, in caso di bypass in estrema distalità un trattamento anticoagulante.
I pazienti già in terapia anticoagulante per altre ragioni che necessitano di una rivascolarizzazione periferica riceveranno l’aggiunta di un singolo antiaggregante qualora la rivascolarizzazione fosse chirurgica o se il paziente dovesse avere un alto rischio di sanguinamento. Altrimenti la terapia doppio antiaggregante per alcuni mesi dovrebbe comunque essere somministrata.
Recenti indicazioni per l’arteriopatia periferica
Le più recenti linee guida nazionali e internazionali hanno sostanzialmente mutato l’approccio diagnostico e, soprattutto, terapeutico per il paziente claudicante a intervallo di marcia moderato, optando per l’esercizio fisico monitorato e l’introduzione della statina come farmaco di scelta.
Nel paziente con claudicatio severa o con ischemia critica hanno confermato l’approccio chirurgico o endovascolare e in particolare si sta assistendo ad un ritorno della chirurgia open con bypass in vena in caso di occlusioni lunghe, soprattutto dell’asse popliteo-tibiale.
Bibliografia
- Rutherford RB, Baker JD, Ernst C, Johnston KW, Porter JM, Ahn S and Jones DN. Recommended standards for reports dealing with lower extremity ischemia: Revised version. J Vasc Surg 1997;26:517-38.
- Budovec JJ, Pollema M, Grogan M. Update on multidetector computed tomography angiography of the abdominal aorta. Radiol Clin North Am 2010;48: 283-309.
- Fowkers FG, Rudan D, Rudan I et al. Comparison of global estimates of prevalence factors for peripheral artery disease in 2000 and 2010: a systematic review and analysis. Lancet 2013;382:1329-40.
- 2017 ESC Guidelines on the Diagnosis and Treatment of Peripheral Arterial Diseases, in collaboration with the European Society for Vascular Surgery (ESVS). European Heart Journal (2017).
- Society for Vascular Surgery practice guidelines for atherosclerotic occlusive disease of the lower extremities: management of asymptomatic disease and claudication. J Vasc Surg 2015; 61: 2S-41S.
- Linee guida SICVE Vol 22, Suppl 2, Italian J Vasc Endovasc Surg, Settembre 2015.
- Bedenis R SM, Cleanthis M, Robless P, Mikhailidis DP, Stansby G. Cilostazol for intermittent claudication. Cochrane Database Syst Rev 2014;10:CD003748.