Martina Arrigo1, Francesco Cesare Superchi1, Arnaldo Andreoli2, Fabrizio Gervasoni2, Rossella Pagani3, Antonino Michele Previtera1 3
1Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli Studi di Milano
2U.O. Riabilitazione Specialistica – Ospedale “Luigi Sacco”, Milano – A.S.S.T. Fatebenefratelli Sacco
3U.O. di Riabilitazione Specialistica – Ospedale “San Paolo”, Milano – ASST Santi Paolo e Carlo.
La “zoppia intermittente” che interrompe il cammino
La “claudicatio intermittens”, letteralmente “zoppia intermittente”, si presenta con difficoltà nella deambulazione, tali da costringere il paziente a interrompere la marcia. Si tratta di un sintomo spesso lamentato dai pazienti che si sottopongono alla valutazione del medico fisiatra proprio a causa della limitazione disabilitante del cammino che condiziona l’autonomia nello svolgimento delle attività della vita quotidiana (Activities of Daily Living, ADL).
I sintomi della claudicatio
La claudicatio intermittens è descritta dal paziente come una fastidiosa sensazione crampiforme che interessa generalmente la loggia posteriore della gamba e che peggiora progressivamente, in modo proporzionale rispetto all’intensità o alla durata dell’esercizio fisico. Tale sintomatologia disabilitante generalmente regredisce spontaneamente con il riposo, motivo per cui il paziente tende a interrompere il compito motorio (nella maggior parte dei casi il cammino), al fine di ottenere una regressione del disturbo.
Le cause eziologiche della claudicatio

Qualora il paziente presenti questo tipo di sintomatologia, devono essere poste in diagnosi differenziale due diverse cause eziologiche: la causa neurogena (o nervosa) e la causa vascolare.
La claudicatio con eziologia neurologica deriva dalla compressione diretta o indiretta delle radici dei nervi degli arti inferiori. Tale compressione si può verificare sia in corrispondenza dei forami di coniugazione, sia all’interno del canale vertebrale. Le problematiche compressive sono generalmente secondarie a una stenosi relativa del canale vertebrale. Le stenosi del canale di maggiore entità si presentano con manifestazioni neurologiche persistenti e gravi. Nel caso delle stenosi relative, invece, la sintomatologia è più subdola, infatti i sintomi come la claudicatio si presentano solo dopo che il paziente ha percorso un certo tragitto, sempre più breve, man mano che la stenosi peggiora.
In questi casi, la stenosi del canale, in genere, è di tipo degenerativo (e.g. spondiloartrosi, spondilolistesi degenerativa ecc.), anche se sono descritti casi di stenosi congenita.1
In pratica, quando il soggetto inizia a camminare, l’attività muscolare richiama un maggiore afflusso di sangue arterioso agli arti inferiori con conseguente maggiore reflusso verso tutti i circoli venosi disponibili. Tra questi rientra il plesso venoso epidurale di Batson, sprovvisto di valvole. L’ingorgo del plesso di Batson, con un aumento volumetrico dei vasi venosi, riduce ulteriormente i diametri del canale vertebrale, determinando il peggioramento del conflitto con le strutture nervose e l’insorgenza della sintomatologia dolorosa. A questo punto il paziente si ferma, il plesso di Batson si scarica, la compressione sulle strutture nervose si riduce e il dolore si estingue.
La claudicatio di origine vascolare, invece, è causata da un ridotto afflusso di sangue arterioso verso gli arti inferiori, non sufficiente per far fronte all’aumentata richiesta metabolica, derivante dall’attivazione della muscolatura durante il cammino.2
Fattori di rischio per la claudicatio vascolare
Alcuni fattori di rischio possono incrementare il rischio di insorgenza di claudicatio intermittens di origine vascolare. Tra questi è opportuno ricordare: l’età avanzata, il sesso maschile, una familiarità per claudicatio, il vizio del fumo (i.e. tabagismo), l’ipertensione arteriosa, il diabete e la dislipidemia.3
Come distinguere la causa neurogena dalla vascolare?
La claudicatio neurogena e quella imputabile a una problematica vascolare, per quanto simili dal punto di vista sintomatologico, possono essere distinte ricorrendo ad alcuni rilevanti dati anamnestici e clinici, che possono consentire una maggiore accuratezza nella definizione del percorso diagnostico e terapeutico da consigliare al paziente.
Innanzitutto, la terminologia utilizzata dal paziente per descrivere i sintomi (in particolare il dolore) e la modalità di presentazione degli stessi possono orientare verso la corretta diagnosi.
La claudicatio vascolare
Nella patologia di origine vascolare il dolore è descritto come crampiforme (i.e. una sensazione “di crampo”) e compressivo, ed è localizzato al di sotto del ginocchio, posteriormente, spesso in corrispondenza di entrambi gli arti inferiori4. In questi casi il dolore rimane localizzato e coinvolge la muscolatura del tricipite della sura (i.e. gastrocnemi e soleo). La sintomatologia è aggravata dalle attività aerobiche che coinvolgono gli arti inferiori; tende invece ad attenuarsi mantenendo la sola stazione eretta. Quando il paziente assume la posizione antalgica sono sufficienti pochi secondi o minuti per ottenere la completa regressione della sintomatologia.
In questi casi, il dolore è dovuto alla condizione di ipossia per cui il muscolo inizia a lavorare in anaerobiosi, con accumulo di acido lattico e attivazione dei nocicettori (dolore nocicettivo).
La claudicatio neurogena
Quando la causa eziologica della claudicatio è di origine neurologica, invece, il dolore può presentarsi come crampiforme, ma può essere descritto anche come urente (i.e. sensazione di forte bruciore), con una correlata sensazione di pesantezza e faticabilità, talvolta associata a parestesie (e.g. formicolio). In questo caso, il dolore è di tipo neuropatico.
Può essere identificata anche dalla localizzazione dei sintomi, che spesso coinvolgono anche la porzione dell’arto inferiore al di sopra del ginocchio (il terzo distale della coscia). In alcuni casi, addirittura, può insorgere prossimalmente, a livello della coscia, e irradiarsi poi distalmente, verso il piede.
Inoltre, possono essere associati o preesistenti disturbi nocicettivi relativi alle patologie vertebrali che sono alla base della stenosi del canale (e.g. quadro artrosico, discopatie, spondilolistesi, spasmo della muscolatura paravertebrale, quindi lombalgia).
Nella claudicatio neurogena i disturbi sono esacerbati dai movimenti in estensione della colonna vertebrale lombare. I pazienti trovano sollievo dal dolore raggiungendo e mantenendo la posizione assisa. In questi casi per la regressione della sintomatologia sarà necessario un tempo più lungo, anche di alcuni minuti.5
L’importanza dell’esame obiettivo
Oltre all’accurata raccolta anamnestica della sintomatologia, un attento esame obiettivo può contribuire all’inquadramento diagnostico. L’ispezione della cute degli arti inferiori, ad esempio, metterà in evidenza una cute normale nel caso della claudicatio di origine neurogena, mentre si rileveranno segni di ipoafflusso ematico cronico (come aree di atrofia cutanea o perdita dei peli) in caso di patologia vascolare.5
In presenza di una causa eziologica vascolare, poggiando la mano sull’arto può essere rilevata una ridotta temperatura della cute e, nei casi più gravi, è possibile evidenziare polsi periferici iposfigmici.3
Potrebbe essere utile poi rilevare la misurazione dell’indice ABI (Ankle-Brachial Index): il risultato del rapporto tra il valore di pressione arteriosa sistemica misurato alla caviglia e quello misurato al braccio6. Questo indice risulterà superiore a 1,0 (>1,0) nel paziente affetto da patologia neurologica, mentre sarà inferiore a 0,9 (<0,9) nei soggetti con patologia vascolare. In questi ultimi il range di misurazioni risulterà variabile in funzione della gravità della stenosi vascolare.
Test clinici per la riproducibilità dei sintomi
Un altro elemento utile all’inquadramento diagnostico è la riproducibilità del sintomo durante la valutazione clinica. A questo scopo si può far ricorso a tre diversi test: il 30-second extension test, il van Gelderen Bicycle test e il Two-stage treadmill test.
Nel 30-second extension test, poco conosciuto ma specifico per la claudicatio neurogena4, il dolore neurologico è provocato dall’estensione attiva della colonna lombare mantenuta per 30 secondi.
Il Bicycle test è stato descritto da van Gelderen che, per primo, osservò che i suoi pazienti con una claudicatio neurogena non presentavano dolore andando in bicicletta. Per questo motivo ritenne improbabile che la causa del disturbo fosse di natura ischemica, ma attribuì il dolore alla postura lordotica7. Nei pazienti con problematica di natura vascolare, al contrario, la comparsa di dolore si verifica indipendentemente dalla posizione della colonna (in flessione o in estensione).
Infine il Two-stage treadmill test deve essere eseguito su un tapis roulant, facendo camminare il paziente prima senza impostare alcuna pendenza (0°), poi imponendo al tappeto una posizione in salita. Durante il cammino in piano la colonna vertebrale del paziente è estesa, mentre nella seconda parte del test è costretto a mantenere la colonna flessa anteriormente. L’operatore deve rilevare la distanza percorsa dal paziente nelle due condizioni, valutandone la differenza. Il paziente con claudicatio neurogena mostra sintomi peggiori nella prima parte del test (nel cammino in piano) per la posizione del rachide durante il cammino. La presenza di sintomi sovrapponibili nelle due fasi della valutazione consente di orientare la diagnosi verso una possibile eziologia vascolare5.
Il trattamento riabilitativo o interventistico
In considerazione di questi numerosi dati clinici, raccolti con l’anamnesi, l’esame obiettivo e i test descritti, il medico è in grado di orientare la diagnosi verso una possibile causa neurologica, oppure in favore di una possibile eziologia vascolare.
Il medico fisiatra potrà quindi impostare il corretto percorso terapeutico, consigliando un trattamento conservativo, predisponendo un Progetto Riabilitativo Individuale (P.R.I.) mirato, oppure indirizzando il paziente verso un approccio interventistico o chirurgico, con una valutazione da parte del Chirurgo vascolare o del Radiologo interventista3.
In pazienti con claudicatio intermittens da causa vascolare è opportuno programmare uno screening accurato, al fine di individuare possibili patologie vascolari maggiori e prevenire complicanze ischemiche più gravi, che potrebbero richiedere procedure chirurgiche o facilitare l’insorgenza di problematiche di natura infettiva.3
È quindi importante che i medici siano in grado di discernere tra la claudicatio intermittens di origine vascolare e l’analoga patologia da stenosi del canale vertebrale, al fine di orientare il paziente verso il percorso diagnostico, terapeutico e riabilitativo più appropriato.
Bibliografia
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2. Nadeau M, Rosas-Arellano MP, Gurr KR, et al. The reliability of differentiating neurogenic claudication from vascular claudication based on symptomatic presentation. Can J Surg. 2013;56(6):372-77.
3. Bailey MA, Griffin KJ, Scott DJA. Clinical assessment of patients with peripheral arterial disease. Semin Intervent Radiol. 2014;31(4):292–299.
4. Genevay S, Courvoisier DS, Konstantinou K et al. Clinical classification criteria for neurogenic claudication caused by lumbar spinal stenosis. The N-CLASS criteria. Spine J. 2018 Jun;18(6):941-947. doi: 10.1016/j.spinee.2017.10.003. Epub 2017 Oct 12.
5. Erin L. Huml, Robert A. Davies, Gary A. Kearns, Shannon M. Petersen, Jean-Michel Brismée. Common iliac artery occlusion presenting with back and leg pain: case report and differential diagnosis considerations for neurogenic/vascular claudication. Journal of manual & manipulative therapy 2018, VOL. 26, NO. 5, 249–253 https://doi.org/10.1080/10669817.2018.1526465.
6. McClary KN, Massey P. Anke, Brachial Index (ABI). StatPearls publishing LLC June 26, 2019.
7. Dyck P, Doyle JB Jr. “Bicycle test” of van Gelderen in diagnosis of intermittent cauda equina compression syndrome. Case report. J Neurosurg. 1977 May;46(5):667-70.