Ciò che sappiamo su come si sviluppa e come si manifesta l’infezione da SARS-COV-2, che a inizio maggio 2020 ha colpito oltre 4 milioni di persone al mondo
Il presente articolo è il secondo di una serie di quattro sui principali aspetti della pandemia di COVID-19: epidemiologia (già pubblicato l’8 aprile); patogenesi e clinica; terapia; prevenzione.
Maggio 2020: tra “Fase II” e rischio di nuovi lockdown

Al 10 maggio 2020 il virus SARS-CoV-2 ha determinato 4.081.970 casi accertati d’infezione al mondo: più di un quarto sono concentrati nei soli Stati Uniti, che detengono il record anche del numero assoluto dei morti (79.124). L’Italia è quarta come numero di casi (219.070) e terza circa i decessi (30.560).
Dopo circa due mesi di chiusura di scuole/università nonché di attività produttive e commerciali considerate non essenziali, l’Italia sta affrontando l’inizio della cosiddetta “Fase 2”, caratterizzata da progressiva riapertura e iniziale allentamento delle restrizioni alla libera circolazione, alla luce del superamento del picco epidemico, almeno di questa prima ondata.
Infatti, come affermato da Vernon Lee, Ministro della Salute della città-stato di Singapore, tra le realtà più efficienti nel contrasto al nuovo coronavirus: “this is not a sprint over the next month, it’s a marathon that we do not know how long will last”. In altre parole, la battaglia è appena iniziata: nuove ondate epidemiche sono da prendere in considerazione e non è affatto remoto uno scenario “suppress and lift”, ovvero di ciclica applicazione di misure restrittive e successiva loro revoca.
Per affrontare al meglio prospettive del genere è bene fare il punto della situazione sugli aspetti patogenetici e clinici del virus alla luce delle conoscenze attuali.
Domanda numero 1: il virus è nato in laboratorio?
L’idea che il nuovo coronavirus possa essere stato generato in laboratorio è tuttora uno dei temi caldi dello scontro geopolitico internazionale tra Stati Uniti e Cina: la disamina di tale scontro esula dallo scopo del presente articolo, e allo stesso modo esulano le teorie complottistiche attinenti.
Tuttavia, il tema dell’origine del virus è cruciale nel comprendere il suo meccanismo patogenetico.
Le ipotesi più credibili sono state esplicitate in una lettera di capitale importanza apparsa su Nature Medicine il 17 marzo: la selezione naturale del virus in un ospite animale prima del salto di specie (spillover); la selezione naturale del patogeno nell’uomo dopo un’infezione zoonotica. Alla base c’è la cruciale caratterizzazione del genoma virale, che presenta un’omologia del 96,2% con il coronavirus dei pipistrelli RaTG13.
La differenza chiave risiede nella porzione della proteina virale S (spike) definita come RBD (receptor-binding domain), che corrisponde alla porzione più variabile del genoma dei coronarivurs. Proprio questo sito è fondamentale per il legame al recettore umano ACE2 (angiotensin-converting enzyme 2), processo che avviene in modo molto efficiente, ben più di quanto previsto secondo modelli teorici elaborati in questi ultimi anni sui coronavirus. Già questo rende altamente improbabile una manipolazione laboratoristica, che avrebbe richiesto l’utilizzo di uno dei sistemi di ingegneria genetica ben noti sui coronavirus (in special modo quelli volti al “gain-of-function”, l’acquisizione di una nuova funzione), di cui non v’è traccia: i dati genetici diffusi fin da gennaio dimostrano irrefutabilmente che SARS-CoV-2 non deriva da nessuno “stampo” virale noto.
Lo sviluppo della proteina S nella forma che ha conferito al virus la sua contagiosità è pertanto frutto della selezione naturale: non è però ancora chiaro se vi è stato il ruolo di un ospite intermedio come i pangolini, mammiferi a scaglie interessati da alcuni coronavirus di cui sono innegabili le forti somiglianze con SARS-CoV-2. Infine, non è da escludere che il più diretto progenitore virale del nuovo coronavirus sia passato direttamente dall’animale all’uomo, acquisendo direttamente nella specie umana le attuali caratteristiche attraverso progressivi adattamenti, il tutto durante una fase di trasmissione inter-umana a bassa intensità non riconosciuta.
Domanda numero 2: qual è il ruolo degli anti-ipertensivi che agiscono sul sistema renina-angiotensina nei confronti di COVID-19?

ACE2 ha acquisto una sinistra fama come recettore del virus, distribuito ampiamente nell’epitelio bronchiale, nella mucosa congiuntivale e negli pneumociti del polmone (primaria porta d’ingresso), ma anche in altri tipi di cellule (cuore, rene, vasi, intestino).
In realtà fino a poco tempo fa era la sua controparte ACE1 ad essere famoso, per il suo ruolo nel sistema renina-angiotensina e potenziale target per il trattamento dell’ipertensione arteriosa. ACE1 difatti converte l’angiotensina I in angiotensina II, una molecola che tende ad aumentare i valori di pressione arteriosa attraverso vari meccanismi. Altra classe molto diffusa di anti-ipertensivi, oltre gli ACE-inibitori, è rappresentata dai sartani, che agiscono più a valle, quali antagonisti dei recettori dell’angiotensina 2; più raramente sono usati gli agenti a monte, come gli inibitori diretti della renina, l’enzima che converte l’angiotensinogeno in angiotensina 1.
ACE2 agisce in parallelo all’asse prima descritto: converte angiotensina 1 e 2 in due peptidi chiamati rispettivamente angiotenina(1-9) e angiotensina(1-7), di cui il secondo (che può derivare direttamente dal primo tramite ACE1) ha azione antagonista rispetto ad angiotensina 2.
ACE-inibitori e sartani sembrano determinare up-regulation dei livelli di ACE2, e ciò ha indotto alcuni, nei primi momenti della pandemia, a invocare una loro sospensione nei tantissimi pazienti in trattamento, immaginando che una sovra-rappresentazione della molecola bersaglio favorisse il virus. Tuttavia, le cose sono molto più complesse di quelle che sembrano: lo stesso virus determina una down-regulation dei livelli di ACE2 sulle superfici cellulari. Si accumulerebbe così angiotensina 2 non degradata, con iperattivazione del sistema renina-angiotensina e danno endoteliale, uno dei tratti distintivi dell’infezione. Da questa prospettiva, ACE-inibitori e sartani potrebbero avere una funzione protettiva.
Considerando che i modelli pre-clinici non sempre si traducono in correlati clinici significativi, le Società più importanti di cardiologia hanno sostenuto una posizione cauta sul tema, sconsigliando una sospensione ex abrupto di ACE-inibitori e sartani. Queste raccomandazioni sono finora sostenute da studi osservazionali su grandi numeri, che, al netto dei bias intrinseci al disegno di studio diverso dai trial randomizzati, finora dimostrano come tali classi di antiipertensivi non siano associati né a un maggior rischio di insorgenza, né a forme severe di COVID-19.
Domanda numero 3: perché l’uomo sembra più a rischio di morte della donna?
Nonostante la frequente carenza di dati disaggregati per sesso a livello mondiale, laddove vi è la disponibilità di casistiche più affidabili con dati differenziati (l’Italia è nel novero) emerge uno squilibrio nella letalità tra i due sessi, con quello maschile sfavorito.
Vari argomenti sono stati proposti per spiegare questa sproporzione.
È interessante innanzitutto notare che il gene di ACE2 si trova sul cromosoma X, e quindi la proteina è presente in più alte concentrazioni nelle donne, che di tali cromosomi hanno due copie.
Occorre però tornare al meccanismo di ingresso nelle cellule bersaglio. Posto che è cruciale il ruolo della proteina virale S che ha due subunità (S1 e S2), sul versante “umano” non è importante solo il bersaglio ACE2, ma anche un enzima chiamato proteasi transmembrana serina 2 (TMPRSS2).
Semplificando, dopo che la S1 della glicoproteina spike si lega ad ACE sulla superficie cellulare, TMPRSS2 attiva la proteina virale e determina il clivaggio di ACE2; si forma un endosoma contenente il virus che entra nella cellula mediante endocitosi. Inoltre, vi è un secondo meccanismo d’ingresso nella cellula: TMPRSS2 si lega infatti anche a S2, causandone un cambiamento conformazionale irreversibile che l’attiva, favorendo la fusione del virus alla membrana cellulare, passaggio prodromico all’ingresso del virus stesso nella cellula target.
L’attività del recettore degli androgeni (AR, androgen receptor) sembra essere un requisito importante per la trascrizione del gene TMPRSS2. Da notare tuttavia che il gene AR si trova sul cromosoma X: probabilmente, nell’uomo, a fare la differenza negativa sarebbero dei polimorfismi che ne determinano iperattivazione (con aumentata trascrizione di TMPRSS2), non compensati dall’allele sull’altro cromosoma, visto che nell’uomo di X vi è una sola copia.
In un interessane studio italiano è stato dimostrato che la terapia di deprivazione androgenica (androgen-deprivation therapies, ADT) per il tumore prostatico ha un effetto protettivo sull’insorgenza di COVID-19, verosimilmente mediante riduzione dei livelli di TMPRSS2 (confrontando pazienti con tumore prostatico riceventi ADT e non, nonché pazienti con tumore prostatico riceventi ADT e pazienti con ogni altro tipo di tumore).
Più prosaicamente, un’altra spiegazione dello squilibrio tra uomini e donne in termini di gravità e letalità potrebbe essere il diverso burden di comorbilità: nell’uomo, specialmente anziano, sono di più frequente riscontro quelle patologie di base (in primis cardiovascolari) che costituiscono la condizione di vulnerabilità al nuovo coronavirus.
Domanda numero 4: esiste un modello patogenetico unificato per SARS-CoV-2?
Un gruppo di tre autori italiani (Matricardi PM et al.) ha pubblicato una review molto interessante che cerca di inserire l’infezione da SARS-CoV-2 all’interno di un modello unificato di patogenesi. Il corso dell’evoluzione infettiva si deciderebbe nei primi 10-15 giorni: fondamentale l’equilibrio tra la dose virale cumulativa a cui si è esposti e la reazione del sistema immunitario innato.
Se il virus supera la prima linea di difesa e si diffonde dalle alte vie a quelle basse del tratto respiratorio, si può replicare con relativa facilità negli alveoli prima che una forte risposta immunitaria adattativa venga prodotta. Quando vengono rilasciati anticorpi IgM e IgG ad alta affinità e non neutralizzanti, la conseguente infiammazione sregolata danneggia i tessuti e innesca dei meccanismi a cascata che coinvolgono il sistema del complemento, quello coagulativo e varie citochine (“cytokine storm”): si sviluppano complicanze di vario tipo e talora si arriva all’exitus.
Secondo questo modello, bambini e giovani sarebbero protetti da un’immunità innata naturale più spiccata: tuttavia, se alte concentrazioni di virus arrivano negli alveoli nelle fasi precoci, come in seguito a iperventilazione da strenua attività fisica, anche in soggetti giovani le difese immunitarie possono essere soverchiate (è il caso del “paziente 1” di Codogno).
Secondo questo intrigante modello, a decidere il destino del paziente sarebbe la tempistica secondo cui i polmoni sono raggiunti prima dal virus o dalla risposta immunitaria adattativa.
Domanda numero 5: qual è la piena espressività clinica di COVID-19?
Una differenza chiave tra SARS-CoV-2 e i coronavirus patogeni per l’uomo precedentemente noti è la facilità d’attacco nei confronti delle cellule delle alte e basse vie aeree contemporaneamente. Vi è però un ulteriore tratto distintivo: SARS-CoV-2 sembra davvero essere un virus sistemico, sia come conseguenza dell’infezione dei numerosi tipi cellulari esprimenti ACE2, sia come riflesso dei processi immunomediati.
La polmonite interstiziale con insufficienza respiratoria (spesso non riconosciuta per vari giorni in ragione di un’ipossia definita come “silente”) è il quadro principale, ma non l’unico.
A livello cerebrale sono stati descritti accidenti di natura vascolare (ictus), nonché convulsioni, alterazioni dello stato di coscienza, raramente perfino una vera e propria encefalite.
La congiuntivite è una caratteristica comune. Tutt’altro che infrequente poi l’alterazione (a volte proprio perdita) del senso di gusto e olfatto, probabilmente per danni alle terminazioni nervose dedicate.
A livello cardiovascolare il virus è associato a miocardite, infarti e a uno stato francamente protrombotico. Fegato e reni non sembrano risparmiati: nel loro caso il danno è sicuramente multifattoriale e anche iatrogeno; ad ogni modo il virus sembra determinare un insulto diretto.
Il virus è eliminato nelle feci: il coinvolgimento intestinale è certo, testimoniato anche dalle comuni manifestazioni associate, come la diarrea.
Il catalogo non è esaustivo e anche altre specialità sono coinvolte nella lotta a SARS-CoV-2: i dermatologi (è descritta un’ampia gamma di manifestazioni cutanee) e gli psichiatri (vi è un corpo di evidenze crescente circa la correlazione con disturbi neuropsichiatrici) sono un esempio.
Il nuovo coronavirus rappresenta davvero un capitolo della medicina ancora tutto da scoprire.
Bibliografia essenziale
- CSSE – Center For Systems Science and Engineering at JHU. Coronavirus COVID-19 Global Cases by the Center for Systems Science and Engineering (CSSE) at Johns Hopkins University. Last accessed 10 May 2020 https://coronavirus.jhu.edu/map.html
- Normile D. ‘Suppress and lift’: Hong Kong and Singapore say they have a coronavirus strategy that works – 13 April 2020. Last accessed 10 May 2020 https://www.sciencemag.org/news/2020/04/suppress-and-lift-hong-kong-and-singapore-say-they-have-coronavirus-strategy-works#
- Andersen KG et al. The proximal origin of SARS-CoV-2. Nat Med 2020; 26 (4): 450-452.
- Zhou P et al. A pneumonia outbreak associated with a new coronavirus of probable bat origin. Nature 2020; 579 (7798): 270-273.
- CEBM. Angiotensin converting enzyme (ACE) inhibitors and angiotensin receptor blockers in COVID-19. Last accessed 10 May 2020 https://www.cebm.net/covid-19/angiotensin-converting-enzyme-ace-inhibitors-and-angiotensin-receptor-blockers-in-covid-19/
- Vaduganathan M et al. C Renin-Angiotensin-Aldosterone System Inhibitors in Patients with Covid-19. N Engl J Med 2020; 382 (17): 1653-1659.
- Reynolds HR et al. Renin–Angiotensin–Aldosterone System Inhibitors and Risk of Covid-19. N Engl J Med 2020.
- Mehta N et al. Association of Use of Angiotensin-Converting Enzyme Inhibitors and Angiotensin II Receptor Blockers With Testing Positive for Coronavirus Disease 2019 (COVID-19). JAMA Cardiol 2020.
- Epicentro – ISS. Differenze di genere in COVID-19: l’importanza dei dati disaggregati per sesso. Last accessed 10 May 2020 https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-differenze-genere-importanza-dati-disaggregati
- Wambier CG et al. SARS-COV-2 infection is likely to be androgen mediated. J Am Acad Dermatol 2020.
- Montopoli M et al. Androgen-deprivation therapies for prostate cancer and risk of infection by SARSCoV-2: a population-based study (n=4532). Ann Oncol 2020.
- Matricardi PM et al. The first, holistic immunological model of COVID-19: implications for prevention, diagnosis, and public health measures. Pediatr Allergy Immunol 2020.
- Widman M et al. How does coronavirus kill? Clinicians trace a ferocious rampage through the body, from brain to toes. Science Mag. Last accessed 10 May 2020 https://www.sciencemag.org/news/2020/04/how-does-coronavirus-kill-clinicians-trace-ferocious-rampage-through-body-brain-toes