La paracentesi è il trattamento standard per l’evacuazione di grandi volumi di ascite, l’impiego di albumina ha un ruolo importante in questa terapia
Andrea Boni1, Ludovica Brofferio2, Miriam Russo3
1Dirigente Medico di I livello, presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Perugia, Urologo ed Andrologo presso la Clinica Urologica ad indirizzo oncologico, inter-aziendale Perugia-Terni
2Infermiera presso l’Oncologia Ginecologica e Breast Unit dell’Ospedale Sant’Anna
3Specialista in formazione in Urologia Università degli studi di Perugia
L’ascite è una raccolta di liquido sieroso ricco di proteine nella cavità peritoneale. Le cause sono comunemente suddivise in due categorie, epatiche ed extra-epatiche.
Le cause epatiche di ascite comprendono:
- ipertensione portale correlata a cirrosi epatica
- epatiti
- sindrome di Budd-Chiari provocata dall’ostruzione delle vene epatiche.
Le cause extra-epatiche di ascite includono:
- tumori addominali (colon, fegato, pancreas, ovaio)
- pancreatite
- disfunzioni renali
- ipoalbuminemia grave
- lupus eritematoso sistemico
- insufficienza cardiaca
- eccesso di sale nell’alimentazione
- sindrome di Kwashiorkor causata dall’insufficiente apporto proteico nell’alimentazione
- sindrome nefrosica
- pericardite cronica costrittiva.
I gradi dell’ascite secondo il CTCAE
Secondo la classificazione contenuta nel Common Terminology Criteria for Adverse Events1, l’ascite viene suddivisa in 5 gradi:
- Grado 1 – l’ascite è asintomatica. La diagnosi può essere effettuata solo ecograficamente
- Grado 2 – l’ascite è sintomatica e richiede un intervento terapeutico. Può anche essere rilevata tramite l’esame obiettivo addominale poiché è confermata da un suono sordo alla percussione o dalla rilevazione di un’onda di liquido
- Grado 3 – l’ascite causa sintomi severi e richiede un intervento invasivo
- Grado 4 – l’ascite è pericolosa per la vita della persona e richiede un intervento invasivo urgente
- Grado 5 – l’ascite causa la morte.
Segni e sintomi dell’ascite

Blausen.com staff (2014). “Medical gallery of Blausen Medical 2014”. WikiJournal of Medicine 1 (2). DOI:10.15347/wjm/2014.010. ISSN 2002-4436.
A seconda della quantità di liquido ascitico, il paziente può presentare:
- incremento ponderale
- aumento della circonferenza addominale
- gonfiore/distensione addominale
- ombelico piatto o estroflesso
- inappetenza, se il liquido comprime lo stomaco
- dispnea, se il liquido provoca sollevamento del diaframma
- edemi declivi
- spossatezza.
L’infermiere educa l’assistito a:
- ridurre il consumo di sale nella dieta per evitare la ritenzione idrica
- controllare l’introduzione di liquidi per os
- evitare l’assunzione di alcolici
- consumare pasti con un adeguato apporto proteico in assenza di controindicazioni.
L’infermiere collabora con il medico e assiste il paziente durante e dopo la paracentesi, monitorando l’insorgenza di segni e sintomi di complicanze e sequele procedurali. Inoltre, una recente esperienza ha dimostrato la fattibilità dell’implementazione di un servizio gestito dagli infermieri per l’esecuzione delle paracentesi, al fine di migliorare la qualità della vita e delle cure dei pazienti e per ridurre i tempi di attesa2.
Large-Volume Paracentesis e il rischio di scompenso cardiocircolatorio
Per paracentesi si intende l’evacuazione del liquido ascitico attraverso un ago inserito sterilmente e sotto guida ecografica attraverso la cavità peritoneale. La paracentesi terapeutica è un trattamento locale che provoca solo un temporaneo beneficio per il paziente. L’ascite, infatti, tende a ricostituirsi dal momento che la procedura non ne modifica i meccanismi eziologici.
Oggi la paracentesi è il trattamento standard per l’evacuazione di grandi volumi di ascite (da 5-6 litri).
L’evacuazione di grandi volumi di ascite è definita in letteratura Large-Volume Paracentesis (LVP). La LVP può condurre a uno scompenso cardiocircolatorio causato principalmente dalla riduzione del volume ematico e dai conseguenti meccanismi di compenso omeostatico:
- rapido ri-accumulo di ascite
- ritenzione idrica con iponatriemia da emodiluizione
- aumento delle resistenze intraepatiche per la vasocostrizione che conduce a un aumento della pressione portale.
Lo scompenso cardiocircolatorio è associato a una diminuzione della sopravvivenza e può instaurarsi soprattutto in caso di drenaggio di più di 5 litri di ascite.
L’albumina è un plasma expander, disponibile in soluzione per uso endovenoso, in grado di prevenire lo scompenso cardiocircolatorio. La dose appropriata da reintegrare, però, è dibattuta in letteratura.
L’efficacia di LVP associata all’infusione di albumina
Le raccomandazioni disponibili riguardo l’utilizzo di albumina nei pazienti affetti da cirrosi epatica3 sono di seguito riassunte:
- l’associazione di LVP e albumina è più efficace dei diuretici nel trattamento dell’ascite e riduce i tempi di degenza ospedaliera
- l’associazione di LVP e albumina è più sicura dei diuretici in termini di riduzione del rischio di iponatriemia, insufficienza renale, encefalopatia
- l’albumina riduce la comorbilità e la mortalità nei pazienti con ascite tesa sottoposti a paracentesi4
- l’albumina dovrebbe essere considerata nella sindrome epatorenale associata alla terlipressina
- in termini di sopravvivenza, tra l’associazione di LVP e infusione di albumina e la somministrazione di diuretici non esiste una differenza statisticamente significativa
- LVP è una procedura sicura e il rischio di emorragia o perforazione intestinale è estremamente basso.
- l’albumina dovrebbe essere scelta rispetto ad altri plasma expanders
- 5 litri di ascite drenati rappresentano il cut-off al di sotto dei quale l’albumina non è raccomandata, tuttavia è consigliata5 soprattutto in caso di ipotensione arteriosa, aumento della creatininemia, iposodiemia, insufficienza epatica
- i pazienti dovrebbero ricevere la minima dose di diuretici necessaria a prevenire il ri-accumulo di ascite
- nell’ascite refrattaria sono sufficienti 8 g di albumina per ogni litro di ascite evacuata.
Lo schema di reintegro standard sulla base del volume drenato
In un recente studio retrospettivo6 che ha coinvolto pazienti affetti da cirrosi epatica, è stato confrontato il reintegro di alte dosi di albumina dopo una paracentesi versus uno schema di reintegro standard basato, al contrario, sulla quantità di liquido ascitico evacuato (25 g per 5-6 L, 50 g per 7-10 L, 75 g per >10 L). Gli autori concludono che il reintegro di albumina standardizzato conduce ad una riduzione delle dosi di albumina infuse senza differenze statisticamente significative rispetto ai seguenti outcomes:
- iponatriemia,
- insufficienza renale,
- ipotensione.
L’efficacia della terapia con albumina a lungo termine
Le linee guida AIOM 20197 sostenevano che l’utilizzo di colloidi di reintegro come l’albumina nelle patologie oncologiche peritoneali sarebbe dovuto essere confinato soltanto a casi selezionati, rispettando criteri selettivi e che ulteriori trial clinici randomizzati sarebbero stati necessari.
Nello stesso anno, in uno studio italiano multicentrico8 è stata valutata l’efficacia della terapia a lungo termine con albumina (40 g di albumina umana 2 volte alla settimana per le prime 2 settimane e poi 40 g una volta alla settimana, sino a un massimo di 18 mesi) in pazienti con ascite refrattaria, ma non complicata, in associazione alla terapia medica standard versus la sola terapia medica standard.
Gli autori hanno concluso che:
- il livello sierico di albumina è migliorato entro un mese ed è rimasto stabile nel tempo
- la mortalità a 18 mesi si è ridotta del 38%
- il numero di paracentesi si è ridotto del 50%
- l’incidenza dei ricoveri ospedalieri si è ridotta del 35%
- il numero di giorni trascorsi ogni anno in ospedale si è ridotto del 50%
- il trattamento con albumina è associato a un miglioramento della qualità di vita dei pazienti.
Nel 2020 un ulteriore trial9 ha dimostrato che:
- il livello sierico iniziale di albumina non deve di per sé guidare la decisione di intraprendere il trattamento con l’albumina
- il livello sierico di albumina dopo un mese di trattamento è un fattore predittivo della sopravvivenza e dovrebbe guidare la terapia con albumina
- il target da raggiungere è 4 g/dl
- anche confrontando i pazienti il cui livello sierico di albumina è rimasto <4 g/dl con i pazienti non trattati, la sopravvivenza nel primo gruppo è maggiore.
Il drenaggio peritoneale nei pazienti con ascite maligna refrattaria
Per i pazienti intolleranti o refrattari nel sottoporsi alla procedura ogni 10 giorni circa o in caso di drenaggio di più di 5 litri di ascite è altresì utile prendere in considerazione il posizionamento di un catetere peritoneale10. In uno studio11 è stato dimostrato che il posizionamento di un drenaggio peritoneale nei pazienti con tumore epatico in stadio terminale:
- ha ridotto la necessità di LVP settimanali
- ha permesso il mantenimento di un livello sierico costante di albumina tra i pazienti arruolati, nonostante il regolare drenaggio di ascite
- non ha causato iponatriemia tra i pazienti arruolati
- non ha richiesto l’infusione di albumina post-procedurale.
Il ruolo dell’albumina nel post-operatorio in pazienti sottoposti a chirurgia maggiore
L’uso di albumina può essere indicato in soggetti sottoposti a interventi di chirurgia maggiore come per esempio resezioni epatiche > 40% o ampie resezioni intestinali, qualora l’albuminemia sia < 2 g/dL, dopo la normalizzazione della volemia con soluzioni cristalloidi; a tal proposito l’uso di soluzioni di colloidi non proteici e di albumina potrebbe essere appropriato, soprattutto quando richiesto dalla funzionalità epatica residua e dallo stato emodinamico del paziente. Per qualunque altro tipo di intervento, l’uso immediato di albumina nel post-operatorio è sempre sconsigliato.
Il ruolo prognostico dell’albumina sierica nel pre-operatorio dei pazienti oncologici
L’albumina sierica è prodotta dal fegato ed è una delle principali proteine del sangue, contribuendo a mantenere la pressione oncotica intravascolare e agendo come “spazzino” dei radicali liberi. Un’ampia indagine sull’associazione tra albumina e cancro ha evidenziato che l’albumina sierica era significativamente più bassa nei soggetti con cancro che in quelli senza cancro11. In pazienti con vari tipi di tumore, un basso livello di albumina al basale era predittivo di una sopravvivenza più breve. L’albumina sierica è uno dei marcatori più comunemente usati per valutare lo stato nutrizionale dei pazienti. La malnutrizione, che è molto comune tra i pazienti con cancro ed è riflessa da una bassa albuminemia, può indebolire una serie di meccanismi di difesa umani, tra cui barriere anatomiche, immunità cellulare e umorale e funzione dei fagociti. Pertanto, i pazienti possono non essere sufficientemente pronti a ricevere il trattamento, con conseguente ridotta sopravvivenza rispetto ai pazienti che hanno un livello sierico di albumina normale.
Inoltre, l’albumina non è più considerato un marcatore nutrizionale, ma piuttosto un marcatore di risposta infiammatoria. È stato teorizzato che la diminuzione dei livelli di albumina è associata a una maggiore risposta infiammatoria al tumore, a un cattivo stato nutrizionale e a un maggiore rilascio di citochine. Bassi livelli sierici di albumina possono essere causati dalla diminuita produzione della proteina da parte degli epatociti a causa delle citochine rilasciate dal tumore, come l’interleuchina (IL)-6, cheblocca la produzione epatocitaria.
Uno studio ha valutato l’associazione tra il rapporto pretrattamento albumina/globulina (AGR) e la sopravvivenza dei pazienti con tumore uroteliale della vescica, trattati con cistectomia radicale: nei pazienti in cui l’AGR era alto (>1.6) è stata evidenziata un tasso di mortalità a 5 anni senza recidiva inferiore rispetto a quello del gruppo di pazienti a basso AGR12. Si è concluso che, una bassa albumina a favore di un incremento dei livelli di globine (basso AGR), sia un fattore predittivo di sopravvivenza libera da recidiva a lungo termine e sopravvivenza tumore-specifica nei pazienti con carcinoma uroteliale della vescica sottoposti a cistectomia radicale.
Da una revisione della letteratura, già citata, riguardante l’albumina sierica pretrattamento come predittore di sopravvivenza al cancro è emerso che il livello di albumina sierica non è soltanto una finestra sullo stato nutrizionale del paziente, ma un fattore utile per prevedere la prognosi di un paziente oncologico, pertanto potrebbe essere utilizzata come indicatore indipendente della necessità di un intervento nutrizionale aggressivo11. Tuttavia l’interpretazione dei livelli di albumina sierica, in virtù della sua breve emivita, non è facile in quanto inficiata da altri fattori non nutrizionali come lo stato di idratazione e il processo di malattia che possono oscurare gli effetti della reale privazione dei nutrimenti. Inoltre l’albumina sierica ha un’emivita relativamente lunga, quindi valutare i cambiamenti dello stato nutrizionale in un breve periodo di tempo è impegnativo
Una lacuna critica per dimostrare il ruolo prognostico dell’albumina sierica è l’assenza di studi clinici che dimostrino che l’aumento dei livelli di albumina per mezzo di infusione endovenosa o di iperalimentazione diminuisca l’eccesso di rischio di mortalità nel cancro.
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