Luca Galassi, Daniele Bissacco
UOC Chirurgia Vascolare, IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
La gravidanza può rappresentare un importante fattore di rischio per lo sviluppo della Malattia Venosa Cronica (MVC) degli arti inferiori, coinvolgendo fino al 40% delle gestazioni.1 Questa patologia può presentarsi tanto in gravidanza quanto nel puerperio.
Gli elementi che possono influire sull’emodinamica fisiologica del sistema venoso sono rappresentati principalmente dai cambiamenti dell’assetto ormonale della donna in gravidanza. In particolare, l’aumento dei livelli di progesterone ed estrogeni e l’iperattivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone determinano una diminuzione del tono della parete venosa e quindi un aumento di capacitanza.2
Dal punto di vista anatomico, l’aumento di volume dell’utero porta ad una progressiva compressione estrinseca della vena cava, impedendo la normale circolazione venosa. Quest’ultima può essere poi ulteriormente danneggiata dalla compressione delle vene uterine destra e sinistra e delle vene iliache, maggiormente a sinistra data la posizione anatomica dell’utero nella pelvi.3
La MVC gravidanza-correlata è inoltre influenzata dal numero di gravidanze che la donna ha affrontato in precedenza. Partendo da un rischio base del 38% in caso di singola gravidanza, la probabilità di insorgenza della patologia sale al 43%, 48% e 60% rispettivamente dopo 2, 3 o 4 gravidanze.4
Manifestazioni eterogenee della MCV correlata alla gravidanza
La MVC correlata alla gravidanza può manifestarsi in maniera eterogenea, mutando con l’avanzamento della stessa. Inizialmente si può manifestare con semplici teleangectasie, fino ad arrivare allo sviluppo di varici di gamba e coscia, anche bilaterali, a carico della vena grande safena e della vena piccola safena. Inoltre, in una percentuale fino al 10% dei casi, è possibile riscontrare la presenza di varici pelviche. 5
Soggettivamente la paziente può riferire sintomatologia gravativa associata a prurito, bruciore, edema e discromie cutanee, soprattutto a livello malleolare.
Il rischio di tromboembolismo venoso
Il quadro clinico può tuttavia aggravarsi fino alla comparsa di episodi di tromboembolismo venoso (TEV). Quest’ultima complicanza, che si manifesta in ’1,2 casi ogni mille parti, rappresenta la prima causa di mortalità e morbilità materna.6 Il rischio di sviluppo di TEV aumenta durante il puerperio fino a 5 volte rispetto al periodo della gravidanza e nel caso di pazienti con accertata anamnesi trombofilica.
La tabella 1 riassume i fattori di rischio per insorgenza di TEV durante la gravidanza.

Tabella 1- Fattori di rischio per l’insorgenza di TEV durante la gravidanza7
In presenza di questi fattori di rischio è sempre consigliata la sorveglianza clinica durante tutta la gravidanza e il puerperio. Inoltre nel caso di donne trombofiliche con precedenti eventi tromboembolici o non trombofiliche ma con storia di tromboembolismo, è necessario associare un trattamento con eparina a basso peso molecolare (EBPM) antepartum da proseguire per sei settimane postpartum.
Soltanto in caso di paziente con accertata sindrome da anticorpi antifosfolipidi viene consigliato il trattamento con aspirina antepartum.7
La tabella 2 mostra i dosaggi di enoxaparina, in base al peso, per la profilassi in donne a rischio di TEV.

Tabella 2- Dosaggi di enoxaparina per la profilassi in donne a rischio di TEV8
Unicamente in caso di accertato episodio di tromboembolismo polmonare e di allergia alla EBPM è indicato il trattamento anticoagulante con inibitori del fattore Xa, al quale può essere associata la terapia trombolitica sistemica, solo in presenza di compromissione emodinamica della paziente con scompenso ventricolare acuto destro.9
Diagnosi clinica e strumentale di MVC correlata alla gravidanza
La diagnosi di MVC deve essere eseguita sulla scorta dell’esame clinico e con l’ausilio di un esame ecocolordoppler, non invasivo e sicuro per il feto.
Oltre ai rilievi strumentali, le condizioni cliniche della paziente e la sintomatologia possono essere valutate tramite specifiche scale, tra le quali la più utilizzata è la scala CEAP.
Tale scala, valutando manifestazioni cliniche ( C ), eziologia (E), distribuzione anatomica della patologia (A) ed eventuali elementi fisiopatologici sottostanti (P) permette al clinico di valutare rapidamente lo spettro di alterazioni morfologiche e funzionali associate alla MVC dalle teleangectasie alle ulcere venose
Prevenzione e trattamento della MVC correlata alla gravidanza
In letteratura, è stato dimostrato come le alterazioni emodinamiche del sistema venoso superficiale sviluppate durante la gravidanza, anche se clinicamente asintomatiche, non si risolvono nel postpartum.10
Risulta quindi fondamentale sin dalle prime fasi della gravidanza la prevenzione della MVC che dovrà poi essere proseguita anche nel puerperio.
In particolare, l’utilizzo di calze elastocompressive tra i 20 e 30 mmHg è stato associato a una diminuzione sia della sintomatologia riportata dalle pazienti, sia un diametro medio della VGS inferiore rispetto alle pazienti non trattate durante la gravidanza.11
La prescrizione di calze elastocompressive rappresenta inoltre un trattamento rapido ed economico per diminuire la probabilità di sviluppo di reflusso della vena gande safena e TVP e di migliorare la sintomatologia delle pazienti, sebbene non modifichi la probabilità di insorgenza di varici legate alla gravidanza.12
L’evidenza scientifica sull’utilizzo di trattamenti farmacologici per migliorare il tono venoso sulla donna in gravidanza è scarsa.13 Solo in un caso l’utilizzo di rutoside ha mostrato un effettivo miglioramento della sintomatologia, riportato però solo su una popolazione campione ridotta (69 pazienti). 14 Nonostante il miglioramento soggettivo riportato nello studio, non sono state apprezzati riduzione dell’incidenza di episodi di TEV.
Non sono stati effettuati studi sulla sicurezza ed efficacia del trattamento con iniezioni sclerosanti nella donna gravida, pertanto questa opzione viene sconsigliata dalle linee guida attuali. 15
Risultati incoraggianti sono stati riportati con l’utilizzo della reflessologia plantare16 e con l’immersione alternata degli arti inferiori in acqua per 20’ durante tutto il periodo della gravidanza17 Sebbene il beneficio soggettivo di tali pratiche sia stato confermato dagli studi, non esiste sufficiente evidenza scientifica per poterli inserire nei protocolli terapeutici attuali.
Conclusioni
La MVC è una patologia da monitorare attentamente nella donna in gravidanza. È fondamentale un corretto timing nella diagnosi e nel trattamento precoce della malattia in modo da rallentare o fermare, il prima possibile, l’evoluzione della malattia.
I trattamenti disponibili devono essere sempre offerti alla paziente sin dalla prima comparsa dei sintomi per garantire il miglior comfort della donna sia durante che dopo il parto.
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