Ilenia D’Alessio
UOC Chirurgia Vascolare, IRCCS Ca Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Le rotture traumatiche dell’aorta (RTA) rappresentano la seconda causa di morte, dopo le lesioni cerebrali, nei pazienti di età compresa tra i 4 e i 34 anni[1,2]. Generalmente si verificano a livello dell’istmo aortico, a valle dell’arteria succlavia sinistra; tuttavia possono interessare tutti i distretti aortici: dal tratto ascendente fino alla porzione addominale.
Il meccanismo più frequentemente implicato nella genesi di questa tipologia di lesioni è costituito da un’improvvisa decelerazione. L’istmo rappresenta una zona di transizione tra strutture relativamente mobili (l’aorta ascendente e l’arco) e strutture caratterizzate da una maggior fissità (l’aorta discendete). Durante un trauma da decelerazione il cuore, l’aorta ascendente e l’arco subiscono un rapido spostamento antero-posteriore, mentre il movimento dell’istmo e dell’aorta discendente è limitato dalla presenza di strutture di ancoraggio quali le arterie intercostali e le fibre provenienti dal legamento comune anteriore.
Si stima che l’incidenza annua dei traumi aortici sia compresa tra l’1,5% e il 2%[3–6]. In uno studio multicentrico che ha analizzato 274 casi di rottura traumatica dell’aorta toracica, l’81% è stato causato da incidenti automobilistici[7] . Altre cause di RTA includono incidenti con motoveicoli, disastri aerei, arrotamenti, cadute da altezze elevate e lesioni da schiacciamento[8]. Solo in Italia, nel 2019, si sono verificati 172.183 incidenti stradali con 3173 vittime e 241.384 feriti (Fonte ISTAT 2019). Uno studio italiano, condotto dal gruppo del dottor Osvaldo Chiara, ha valutato la reale incidenza delle rotture traumatiche d’aorta nell’area metropolitana di Milano, avvalendosi dell’ausilio dell’autopsia per tutti i pazienti deceduti per trauma chiuso sul luogo dell’incidente. I risultati hanno evidenziato un’incidenza di RTA del 27%, con una mortalità correlata pari al 16% [9]. Ciò significa che la reale incidenza di RTA è notevolmente sottostimata.
L’85% delle vittime con trauma aortico decede prima di raggiungere il più vicino presidio ospedaliero e, tra coloro che restano in vita, la metà non sopravvive oltre le prime 24 ore. [10]
Il Trauma team per la gestione dei pazienti politraumatizzati
Appare di fondamentale importanza che il trattamento di questo tipo di condizione clinica sia affidato a un team multidisciplinare di esperti (Trauma team) in grado di gestire pazienti politraumatizzati con severo grado di compromissione generale.
Il Trauma team è una realtà ospedaliera presente nei Centri Trauma di Alta Specializzazione (CTS), dotati 24 ore su 24, di tutti i presidi per far fronte a qualsiasi tipo di emergenza-urgenza. In particolar modo, nei CTS sono previste Unità Operative con guardia attiva sulle 24 ore di Medicina d’Urgenza, Chirurgia Generale e d’Urgenza, Anestesia-Rianimazione, Ortopedia, Neurochirurgia, Radiologia (con possibilità interventistica), Laboratorio, Centro trasfusionale. Medici di altre discipline specialistiche devono essere reperibili 24 ore al giorno per consulenze e, se necessario, interventi sul campo. La figura del Trauma leader è essenziale per l’identificazione del Percorso diagnostico-terapeutico e per la valutazione iniziale del paziente, che viene svolta generalmente in una stanza dedicata (Shock room). Nei pressi di quest’ultima si trovano le strutture adibite all’esecuzione di indagini di secondo livello, come la Tomografia Assiale Computerizzata (TC) e la Risonanza Magnetica (RMN).
I pazienti vittima di traumi maggiori dovrebbero essere condotti presso i centri più adatti alle esigenze del malato e non presso i presidi ospedalieri più vicini. La centralizzazione del trattamento dei pazienti politraumatizzati assicura vantaggi sia in termini di miglioramento degli outcomes clinici, sia in termini di riduzione delle spese sanitarie, per via di una miglior allocazione delle risorse.
Uno studio condotto dall’équipe traumatologica dell’Ospedale Niguarda di Milano ha dimostrato come, la presenza in ospedale di un team completamente dedicato alle urgenze, in circa dieci anni, ha permesso una drastica riduzione della mortalità evitabile per trauma: dal 42-43% al 7.6%, dimezzando i decessi per sanguinamento.[11]
La mortalità per rotture traumatiche dell’aorta (RTA)
Analizzando la curva di mortalità delle RTA e, più in generale, dei traumi è possibile osservare che quest’ultima presenta tre picchi:
- il 1°, il più elevato, comprende i pazienti deceduti prima dell’arrivo in ospedale;
- il 2° i pazienti che muoiono nelle prime ore dopo il ricovero;
- il 3°si riferisce alla mortalità intra-ospedaliera a distanza.
Com’è facile comprendere, il 1° picco della curva non è modificabile. Sul secondo entra in gioco il Trauma team che, grazie alla competenza e alla formazione dei professionisti impiegati nel primo soccorso, mette in atto tutte le strategie per fornire al paziente i presidi più idonei alla sopravvivenza.
Golden hour: il tempo tra l’incidente e le prime cure ospedaliere
Il lasso di tempo che intercorre tra l’incidente e le prime cure ospedaliere è comunemente conosciuto come “Golden hour” ed è il periodo in cui il paziente richiede un intervento tempestivo e mirato per ridurre la mortalità e migliorarne la sopravvivenza.
Nel sospetto una RTA il Trauma leader avvia una diagnostica di secondo livello, avvalendosi generalmente di una TC con mezzo di contrasto, al fine di identificare il grado della lesione e indirizzare il successivo iter terapeutico.
In presenza di trauma chiuso dell’aorta viene attivata l’équipe di Chirurgia Vascolare che, in base al grado di severità della lesione e in accordo con il Trauma leader, consiglia il trattamento più idoneo.
Il trattamento delle rotture traumatiche dell’aorta (RTA)
Le lesioni di grado IV (rottura libera) devono essere trattate repentinamente e sono gravate da un elevatissimo tasso di mortalità. Le lesioni di grado III (pseudoaneurismi), II (ematomi intramurale) e I (flaps intimali) possono essere trattate in regime di urgenza, elezione o gestite con la sola terapia medica.[12]
Conclusioni
Nonostante la letalità dei traumi dell’aorta toracica sia, ad oggi, ancora elevata, la presenza di un Trauma team in grado di stabilizzare il paziente per poi avviarlo, in tempi rapidi, verso il corretto iter terapeutico, ha migliorato significativamente i tassi di sopravvivenza.
Non bisogna, inoltre, dimenticare il ruolo fondamentale svolto dall’introduzione in commercio dei devices per il trattamento endovascolare. Questi ultimi, in pochi anni, hanno portato allo shift dalla riparazione open, all’utilizzo della TEVAR (Thoracic Endovascular Aortic Repair), con risultati che, in termini di mortalità e complicanze perioperatorie, son apparsi fin da subito molto favorevoli. Tra i vantaggi dell’approccio endovascolare citiamo: la ridotta invasività, la rapidità, la relativa facilità di esecuzione e la possibilità di svolgere gli interventi in assenza di eparinizzazione sistemica, il che rappresenta un grande vantaggio nei pazienti politraumatizzati.
Per concludere, possiamo affermare che la presenza di un Trauma team ben strutturato e i continui sviluppi tecnologici potrebbero contribuire, nei prossimi decenni, a riscrivere la storia naturale dei traumi chiusi dell’aorta, sia in termini di mortalità che di morbidità.
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