Alberto Enrico Maraolo1, Luca Gordini2
1 Dirigente Medico presso l’Azienda Ospedaliera dei Colli – Ospedale Cotugno di Napoli
2 Chirurgo Generale presso Gruppo San Donato
Quale strada percorrere? Tra vecchi dogmi e nuovi protocolli di gestione: abbiamo veramente la soluzione? Cerchiamo di dare risposta a nuovi interrogativi.
La gestione dell’appendicite acuta rimane un argomento estremamente dibattuto. Da alcuni anni il dogma della necessità di procedere sempre e comunque a intervento chirurgico è caduto, tuttavia rimangono diverse le “grey zone” per il medico che si trova dinanzi a un caso di appendicite acuta. Per illustrare meglio le ultime evidenze di letteratura sul tema, si è proceduto a una sintesi interdisciplinare grazie al contributo congiunto del Dr. Luca Gordini, Coordinatore della sezione di Chirurgia su M.O., e del Dr. Alberto Enrico Maraolo, Coordinatore della sezione di Infettivologia.
Panoramica
L’appendicite acuta è definita come l’infiammazione dell’appendice vermiforme. L’incidenza dell’appendicite acuta ha mostrato una costante discesa già dalla fine degli anni ’40. Attualmente si presenta con un tasso annuale tra 5.7 e 50 pazienti ogni 100.000 con il picco tra i 10 e i 30 anni di età. Ogni anno si verificano circa 11,6 milioni di casi nel mondo e circa 50.000 decessi legati a questa patologia. Il rischio di sviluppare una appendicite acuta nel corso della vita è tra l’8 e il 9% nei paesi ad alto reddito.
Tipicamente rappresenta una delle cause più comuni di dolore addominale acuto che da solo conta il 7-10% di accessi in Pronto Soccorso.
Clinica e diagnosi
La presentazione clinica è spesso, già di per sé, molto suggestiva: il singolo sintomo più importante è il dolore al quadrante addominale inferiore destro, presente in oltre il 90% dei casi; altri sintomi frequentissimi sono l’inappetenza, la “migrazione” della dolenzia dalla zona periombelicale a quella summenzionata, il vomito preceduto da addominalgia. Il segno più sensibile è quello di McBurney (dolore in corrispondenza del punto di repere situato tra il primo e il secondo terzo della linea spino-ombelicale destra), il più specifico è quello dell’otturatore (dolore alla flessione e intra-rotazione della coscia destra a paziente supino). Nell’anziano bisogna rammentare che il quadro clinico addominale può essere molto più sfumato e vago.
L’insieme dei segni e sintomi viene integrato ai fini diagnostici dagli esami di laboratorio e dall’imaging. Non vi sono dati laboratoristici patognomonici; comunque è usuale il rilievo di leucocitosi neutrofila. Più importante è la diagnostica per immagini, che è cruciale anche per la stratificazione prognostica, consentendo di definire le forme complicate, laddove non clinicamente evidenti (assenza di addome acuto). Le opzioni sono tre: l’ecografia, la tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica (RM): ognuna di esse ha vantaggi e svantaggi, e la loro implementazione dipende anche dalla disponibilità di ogni singolo centro. In un setting di Pronto Soccorso l’ecografia può rappresentare, per la sua rapidità e assoluta assenza di controindicazioni, il primo step, avendo una sensibilità e specificità abbastanza alte con un operatore ben allenato, conferendo a TC e RM il ruolo di esami di secondo livello.
Di fianco alla variabilità nella presentazione clinica, lo stesso si verifica nella evoluzione, severità e prognosi, work-up diagnostico e gestione del paziente.
Terapia
Per oltre un secolo, l’appendicectomia ha rappresentato l’unica opzione di trattamento. Questa si è evoluta, e dal primo intervento laparoscopico eseguito dal pioniere Kurt Semm, ginecologo che eseguì la prima appendicectomia con questa nuova tecnica nell’ormai lontano 1981, si è aperta la strada verso la rivoluzione laparoscopica.
Attualmente, il fattore discriminante più importante per stabilire come procedere dinanzi a un caso di appendicite acuta, è la presenza o meno di una forma complicata: l’appendicite è definita come complicata se vi è rottura dell’appendice stessa con sviluppo di ascesso o flemmone.
Mentre per la gestione dell’appendicite complicata, l’indicazione al trattamento chirurgico rimane l’opzione di scelta generalmente e trasversalmente condivisa, fortemente dibattuta è quella dell’appendicite non complicata, che, specularmente, è definita dall’assenza di segni clinici o radiografici di perforazione.
Nelle forme non complicate l’alternativa all’intervento chirurgico è rappresentata da un trattamento conservativo basato sulla terapia antibiotica, che comunque non preclude un successivo ricorso all’operazione ove necessario (“antibiotics-first approach”).
Una recente ed elegante revisione semi-sistematica su JAMA (Moris et al.) ha sintetizzato i sette trial randomizzati e controllati, che hanno affrontato il ruolo dell’approccio conservativo rispetto a quello chirurgico nell’appendicite non complicata.
Dagli studi a sostegno di un trattamento conservativo è stato evidenziato che circa il 10% dei pazienti sottoposti a terapia antibiotica va incontro a un fallimento, rendendo necessario l’intervento chirurgico di appendicectomia. Il restante 90% ha successo nel corso della prima ammissione in ospedale. Nello studio chiamato CODA, a causa della presenza di episodi ricorrenti di appendicite o di dolore addominale, il 29% dei pazienti sono dovuti ricorrere alla chirurgia nei primi 90 giorni, il 40% nel primo anno, il 46% nei primi 2 anni e il 49% dopo 3 e 4 anni.
Il trial chiamato COMMA, che ha arruolato 186 pazienti affetti da appendicite non complicata, ha evidenziato una migliore qualità di vita nei pazienti sottoposti all’intervento chirurgico, rispetto a quelli trattati in maniera conservativa sia a distanza di 3 che di 12 mesi. Lo studio APPAC, che vanta un follow-up di addirittura 7 anni, ha mostrato dati sovrapponibili tra i 2 gruppi. Quest’ultimo è appunto l’unico trial a valutare outcome a lungo termine, mostrando un tasso di recidive di appendicite a 5 anni nel gruppo trattato in modo conservativo pari al 39,1%.
Tirando le somme: un algoritmo decisionale per il miglior approccio all’appendicite
Per quanto non esista un approccio universalmente riconosciuto, e vi siano delle differenze tra le raccomandazioni elaborate da varie società scientifiche internazionali, l’algoritmo decisionale fornito dalla precitata review di JAMA può essere di aiuto per orientarsi nella scelta terapeutica dell’appendicite non complicata.
Considerando che una strategia conservativa può essere efficace nell’appendicite non complicata, evitando al paziente i rischi di un intervento, risulta evidente la necessità di individuare i soggetti che massimamente ne beneficerebbero, escludendo coloro che sono ad alto rischio di fallimento. In tal senso, riscontri imaging (TC) quali appendice di diametro superiore a 13 mm, appendicoliti (agglomerati di feci nel lume dell’appendice, effetto massa sono fattori di rischio di fallimento della sola terapia antibiotica (40% dei casi). Il motivo è semplice dal punto di vista fisiopatologico: sono tutte condizioni favorenti l’ostruzione del lume dell’appendice (“closed-space infection”) e/o l’ischemia della parete dell’appendice stessa, ostacolando la penetrazione degli antibiotici.
Pertanto, per i pazienti che mostrano per esempio un’appendicite con la presenza di un appendicolite agli esami diagnostico-strumentali, è suggeribile un trattamento chirurgico, anche nei casi di appendicite non complicata a causa dell’alto tasso di evoluzione verso una forma complicata e per l’alta probabilità di recidiva che porta con sé un rischio quasi raddoppiato di essere sottoposti ad appendicectomia entro i 30 giorni dall’inizio della terapia antibiotica.
In questo panorama, la discussione con il paziente dei vantaggi e degli svantaggi delle diverse opzioni riveste una rilevanza cruciale nel percorso di decision-making.
Difatti, se il paziente presenta un alto rischio operatorio, vagliando attentamente rischi e benifici si può optare per un approccio conservativo iniziale, con rapida riconversione all’opzione chirurgica se necessario. Nei pazienti a basso rischio operatorio e senza fattori di rischio per complicanze, si possono prospettare in modo pressoché equivalente lo scenario dell’antibiotics-first approach e quello chirurgico.
D’altro canto, anche nelle forme complicate l’opzione chirurgica non è automatica. Un approccio conservativo può essere ragionevole in caso di pazienti in cui il rischio operatorio è troppo elevato o nel caso in cui non vi siano chiari segni di sepsi/peritonite, con segni e sintomi localizzati unitamente alla possibilità di un approccio mini-invasivo (drenaggio percutaneo di materiale ascessuale), rivalutando a stretto giro il quadro per un potenziale intervento.
Bonus: scelta e durata della terapia antibiotica
Sono numerose le opzioni terapeutiche sul tavolo. Dal punto di vista microbiologico, i patogeni più verosimilmente in causa sono batteri Gram-negativi (Enterobacterales in primis, senza dimenticare Pseudomonas) e anaerobi. Poiché la terapia è in genere empirica e non mirata, occorre scegliere antimicrobici il cui spettro d’attività ricomprenda tali patogeni. Il punto cruciale è stabilire il rischio di trovarsi dinanzi a batteri resistenti: nonostante l’appendicite sia un problema quasi sempre comunitario (raramente a insorgenza ospedaliera), in paesi come l’Italia, ove vi è una consistente proporzione di ceppi resistenti anche al di fuori dei contesti nosocomiali, non bisogna escludere la possibilità di dover “combattere” contro, per esempio, Enterobacterales produttori di beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL nell’acronimo inglese). Cruciale risulta dunque l’anamnesi: soggetto con storia di precedenti infezioni da batteri recenti? soggetto esposto recentemente a trattamento antibiotico? soggetto sottoposto da poco a cure sanitarie?
I carbapenemi sono, assieme alla piperacillina/tazobactam, tra le opzioni più sfruttate in monoterapia, per l’eccellente attività contro Gram-negativi e anaerobi. Per pazienti che possono continuare la terapia a casa e che hanno un bassissimo rischio di infezione da patogeni resistenti, uno step-down orale basato sull’associazione tra un chinolonico e metronidazolo costituisce una scelta ragionevole.
Per quanto attiene alla durata, dieci giorni sono consigliati per tutti i casi di antibiotics-first approach nelle forme non complicate. In quelle complicate, ove si procede a un source control adeguato, la durata va tarata sulla risposta clinica-laboratoristica, potendo essere anche di soli 4 giorni dal post-operatorio. Nelle forme non complicate sottoposte a chirurgia non c’è bisogno di antibiotico-terapia al di là della profilassi.
Bibliografia
- Writing Group for the CODA Collaborative. Patient Factors Associated With Appendectomy Within 30 Days of Initiating Antibiotic Treatment for Appendicitis. JAMA Surg. 2022;157(3):e216900. doi:10.1001/jamasurg.2021.6900
- A Randomized Trial Comparing Antibiotics with Appendectomy for Appendicitis. New England Journal of Medicine. 2020;383(20):1907-1919. doi:10.1056/nejmoa2014320
- Bhangu A, Søreide K, Di Saverio S, Assarsson JH, Drake FT. Acute appendicitis: modern understanding of pathogenesis, diagnosis, and management. Lancet. 2015 Sep 26;386(10000):1278-1287. doi: 10.1016/S0140-6736(15)00275-5. Erratum in: Lancet. 2017 Oct 14;390(10104):1736. PMID: 26460662.
- Moris D, Paulson EK, Pappas TN. Diagnosis and Management of Acute Appendicitis in Adults: A Review. JAMA. 2021 Dec 14;326(22):2299-2311. doi: 10.1001/jama.2021.20502. PMID: 34905026.
- Sallinen V, Akl EA, You JJ, Agarwal A, Shoucair S, Vandvik PO, Agoritsas T, Heels-Ansdell D, Guyatt GH, Tikkinen KA. Meta-analysis of antibiotics versus appendicectomy for non-perforated acute appendicitis. Br J Surg. 2016 May;103(6):656-667. doi: 10.1002/bjs.10147. Epub 2016 Mar 17. PMID: 26990957; PMCID: PMC5069642.
- Podda M, Poillucci G, Pacella D, Mortola L, Canfora A, Aresu S, Pisano M, Erdas E, Pisanu A, Cillara N; ACTUAA study collaborative working group, Serventi F, Marini S, Sirigu D, Piga M, Coppola M, Balestra F, De Nisco C, Pazzona M, Anania M, Pulighe F, Lai A, Ottonello R, De Angelis R, Piro S, Calò PG, Podda F, Saba L, Bottino V, Dalla Caneva P, Canu L, Piras E, Deserra A, Virdis F, Gerardi C, Gordini L, Sanna S. Correction to: Appendectomy versus conservative treatment with antibiotics for patients with uncomplicated acute appendicitis: a propensity score-matched analysis of patient-centered outcomes (the ACTUAA prospective multicenter trial). Int J Colorectal Dis. 2021 Mar;36(3):599. doi: 10.1007/s00384-021-03862-5. Erratum for: Int J Colorectal Dis. 2021 Mar;36(3):589-598. PMID: 33507364.