La fantascienza pandemica
La serie tv del momento in questo inizio 2023 è The Last of Us, ispirata all’omonimo videogioco di dieci anni fa, molto acclamato dalla critica specializzata per la trama dal taglio cinematografico che faceva premio sulla pura azione.
Il contesto è quello caro a tanta fantascienza distopica: un morbo contagioso che trasforma gli infetti in zombie ha decimato la popolazione mondiale, e in un’America post-apocalittica si muove la strana coppia formata da un contrabbandiere rotto a tutte le avventure e da una ragazzina che potrebbe contenere dentro di sé la cura al morbo stesso.
Nulla di particolarmente originale, se si pensa al batterio di Io sono leggenda, tratto dal romanzo di Richard Matheson, o al virus di World War Z, derivato da un’opera di Max Brooks. L’elemento relativamente nuovo è l’agente eziologico: il fungo Cordyceps. In realtà un suo strettissimo parente, l’Ophiocordyceps, era la causa della pandemia protagonista dell’adattamento cinematografico del romanzo La ragazza che sapeva troppo, scritto da Mike Carey nel 2014 (comunque pubblicato dopo il videogioco The Last of Us).
Inutile dire che i tre anni di vera pandemia COVID-19 hanno creato verosimilmente le condizioni affinché un’opera del genere superasse la nicchia di semplici appassionati di fantascienza e/o di opere videoludiche per divenire un fenomeno globale.
Anatomia del Cordyceps: tra realtà e fantasia
In sostanza The Last of Us è un action-adventure in cui i due protagonisti si muovono in un contesto post-apocalittico a tinte horror, lottando per la sopravvivenza contro pericoli vari: innanzitutto gli zombie, ovvero le persone contagiate dal Cordyceps, e poi tutti i nemici che si annidano in una società disgregata in cui “pietà l’è morta”.
Tuttavia, la serie fin dal suo preambolo cerca di ammantarsi di un coté (pseudo)scientifico: nella prima scena dell’episodio pilota, un epidemiologo parla a un talk show statunitense negli anni ’60, descrivendo il rischio esiziale di un’epidemia da parte di un fungo capace di infettare l’uomo influenzandone il comportamento. Nell’incipit del secondo episodio c’è invece una micologa indonesiana che viene convocata dalle autorità militari di Giacarta per esprimere il proprio parere su campioni contaminati e poi per praticare un’autopsia: praticamente è la prima scienziata al mondo a riconoscere, sgomenta, l’incipiente pandemia fungina.
In effetti, Cordyceps non è un’invenzione: è un fungo realmente esistente. A colpire la fantasia degli ideatori del videogioco è il diabolico tipo di parassitismo instaurato da Ophiocordyceps unilateralis nei confronti delle formiche tropicali della specie Camponotus leonardi, le cosiddette “formiche carpentiere” abitatrici delle volte delle foreste pluviali.
La sequenza di eventi che segue l’infezione della formica da parte delle spore fungine è inquietante. Il fungo cresce progressivamente invadendo il corpo dell’ospite, fino a determinare un’atrofia muscolare, associata a contrazioni spastiche, riflesso della crescita del parassita nel cervello. Infatti, mentre le formiche sane seguono ordinatamente le altre appartenenti alla colonia, quelle infette si spostano in modo scoordinato, risultando incapaci di tornare al formicaio, arrivando a cadere nel sottobosco che si estende fino a circa 25 cm da terra, laddove c’è il microclima ideale per la crescita del fungo parassita. Con il crescere delle temperature verso il mezzogiorno solare, il fungo induce le formiche a mordere più e più volte le foglie su cui sono deposte, serrando le mandibole tanto da rimanere attaccate alle foglie stesse anche una volta morte. Dalla testa delle sventurate formiche gemma il corpo fruttifero del fungo, che rilascia così ulteriori spore che andranno a infettare altre formiche.
In sintesi, l’Ophiocordyceps in un primo momento sfrutta la formica come fonte di nutrimento, e poi ne influenza patologicamente il comportamento allo scopo di rimanere all’interno di un sottobosco con le caratteristiche ideali di freschezza e umidità per crescere ulteriormente e diffondersi anche dopo il decesso della vittima.
I creatori di The Last of Us nella loro iconografia horror si sono ispirati a questa incredibile forma di parassitismo, immaginando un salto di specie tale da rendere anche gli umani vulnerabili, e trasformando i morsi alle foglie in attacchi violenti a umani non infetti per veicolare il contagio. Fortunatamente, tale scenario è pura fantasia: l’evoluzione ha fatto che sì che Ophiocordyceps parassitasse un solo tipo di formica; l’uomo non è un ospite ideale per la sua maggiore temperatura corporea e la ben superiore complessità del suo sistema nervoso rende assolutamente implausibile tale di tipo di manipolazione comportamentale.
Nella serie tv un aspetto inquietante è la capacità del fungo di comunicare tramite i suoi filamenti, in modo da coordinare più zombie all’attacco. In questo caso, c’è un appiglio alla realtà, visto che è stato dimostrato come i funghi possano inviare segnali elettrici attraverso le loro ife, i filamenti che costituiscono il corpo vegetativo dei miceti capaci di interconnettersi in reti complesse.
Altre forme di parassitismo: il caso di Toxoplasma gondii
Posto che il Cordyceps non può causare nulla di lontanamente simile a ciò che i creatori di The Last of Us hanno concepito, ci sono altri esempi di parassitismo da non sottovalutare. Quello forse più noto, pur ancora non del tutto chiarito nei suoi meccanismi, riguarda ciò che alcuni ricercatori hanno definito fatal feline attraction: la sconvolgente alterazione del comportamento dei roditori infettati dal protozoo Toxoplasma gondii, il quale induce i roditori a perdere la loro avversione verso i gatti di cui in realtà sono prede; il tutto mediante un’alterazione dell’attività neurale e una modifica dell’espressione genica.
Nel cervello dei roditori si attiverebbero i circuiti dell’attrazione, così da indurli ad avvicinarsi ai loro predatori: in tal modo il parassita favorisce la chiusura del suo ciclo vitale, il cui stadio sessuale avviene solo nel gatto.
Nell’uomo non avviene nulla di tutto ciò; tuttavia numerose linee di ricerca mettono in relazione la toxoplasmosi con varie patologie mentali croniche.
Tornando ai funghi: i pericoli concreti e attuali per la salute umana
I funghi rappresentano un regno biologico molto particolare, costituito da circa 6 milioni di specie diverse, che vanno dal lievito del pane a forme molto più complesse. Presentano poi differenze significative rispetto agli altri regni degli esseri viventi: hanno pareti cellulari, a differenza delle cellule degli animali; diversamente dalle piante, non possono prodursi il cibo da soli; si distinguono dai batteri per avere il DNA racchiuso in un nucleo e le cellule pieni di organelli, come per esempio nei mammiferi.
I funghi ci circondano e fanno parte anche del microbiota umano (il cosiddetto “micobioma”), ma l’equilibrio della convivenza “pacifica” si sta spezzando. I miceti, sotto la pressione selettiva dei cambiamenti climatici, stanno estendendosi in zone climatiche prima ostili, riuscendo a compiere salti di specie inaspettati. Così arrivano a minacciare la salute umana in modi diversi e più numerosi in confronto al passato.
Storicamente si è sempre pensato che l’uomo fosse più protetto dagli attacchi dei funghi, in raffronto a quelli di virus e batteri, grazie non solo alle difese immunitarie ma anche alla peculiare temperatura corporea dei mammiferi (animali “a sangue caldo”), più alta di quella favorevole ai miceti, che difatti hanno maggiore facilità ad attaccare le superfici esterne che sono più fresche, producendo in genere infezioni lievi (onicomicosi, tigna).
A favorire l’ingresso dei funghi nell’organismo, con il rischio di infezioni invasive, è paradossalmente il progresso medico: l’avanzamento terapeutico in molti campi, specialmente quello emato-oncologico, ha aumentato la sopravvivenza di soggetti fragili e immunodepressi, purtroppo più inclini a questo tipo di infezioni. A volte lo stato di immunodeficienza è causato da altri patogeni: l’esempio più famoso è quello dell’HIV, i cui primi casi negli Stati Uniti nel 1981 furono identificati proprio per i cluster di polmoniti inusuali causate dal micete Pneumocistis jiroveci (allora noto come P. carinii ed erroneamente considerato un protozoo).
In più, i già citati cambiamenti climatici aumentano esponenzialmente l’incidenza di patologie considerate storicamente rare. È il caso della coccidioidomicosi, altrimenti nota come Valley Fever (dalla valle di San Gioacchino nella California meridionale): le sue spore circolano nell’aria dopo che suolo e polvere vengono smossi dall’azione dell’uomo o degli agenti atmosferici, finendo con l’essere inalate da potenziali vittime, nei cui polmoni in virtù della diversa temperatura si trasformano in sferule, che a loro volta danno origine a molteplici endospore nel contesto di un’invasione tissutale. Il fungo responsabile è endemico nel suolo delle aree centro-meridionali e sud-occidentali degli Stati Uniti: le migrazioni interne verso l’Ovest, con annesso incremento di attività quali scavo/movimento terra, hanno verosimilmente favorito la diffusione del patogeno, unitamente all’innalzamento delle temperature e all’incremento dei periodi di siccità, condizioni ideale per la formazione delle spore.
Secondo alcune stime, le patologie fungine causerebbero ogni anno oltre un milione e mezzo di morti su scala globale, rispetto a un denominatore che potrebbe essere di circa 150-300 milioni di casi.
Negli Stati Uniti, secondo le stime più aggiornate dei Centers for Disease Control and Prevention, i costi medici diretti annuali associati alle infezioni fungine nella loro totalità sarebbero di circa 7 miliardi di dollari; quelli indiretti (da morti premature e giornate di scuola o lavoro mancate) si attesterebbero sui 4 miliardi. Tuttavia, secondo altri modelli i costi totali potrebbero essere anche molto più alti, fino a 48 miliardi l’anno. Negli Stati Uniti le ospedalizzazioni annue da infezioni fungine sono circa 75 mila, con 9 milioni di visite ambulatoriali.
L’allarme dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: la fungal priority pathogens list
Il 25 ottobre 2022 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha prodotto un report definito fungal priority pathogens list, sulla falsariga di quello già sviluppato pochi anni fa per i principali batteri antibiotico-resistenti, finalizzato a stabilire una priorità tra i vari patogeni fungini in termini di impatto clinico, così da indirizzare gli sforzi della ricerca. Infatti, la crescita del peso epidemiologico delle infezioni fungine non si è associata a un proporzionale incremento delle scelte terapeutiche: le classi farmacologiche da cui i clinici attingono sono soltanto quattro (azoli, echinocandine, polieni e pirimidine); l’armamentario è dunque limitato, soprattutto se si considera l’aumento del fenomeno della resistenza agli antifungini, condizionato non solo dall’inevitabile utilizzo clinico dei farmaci, ma anche per esempio dall’uso dei fungicidi in agricoltura. Da qui discende l’importanza di un approccio One Health.
Ad ogni modo, il rapporto dell’OMS si poggia su una serie di variabili: l’incidenza, il trend negli ultimi 10 anni, la distribuzione globale, la mortalità associata, i costi dell’ospedalizzazione, il peso di sequele e complicanze, il livello di resistenza a farmaci, la possibilità di prevenzione, l’accesso a test diagnostici affidabili, la disponibilità di terapie evidence-based.
Pesati tutti questi fattori, la lista prevede tre ordini di priorità decrescente: critica, elevata, media.
Alla prima fascia appartengono: Cryptococcus neoformans, Candida auris, Aspergillus fumigatus e Candida albicans.
La seconda fascia ricomprende: Nakaseomyces glabrata (Candida glabrata), Histoplasma spp., gli agenti eziologici dell’eumicetoma, Mucorales, Fusarium spp., Candida tropicalis e Candida parapsilosis.
All’ultimo gruppo appartengono: Scedosporium spp., Lomentospora prolificans, Coccidioides spp., Pichia kudriavzeveii (Candida krusei), Cryptococcus gattii, Talaromyces marneffei, Pneumocystis jirovecii e Paracoccidioides spp.
Tirando le somme: la realtà al posto della fantasia
In ambito infettivologico è chiaro che al di là delle pandemie come quella da SARS-CoV-2, che si ripeteranno inevitabilmente e con periodicità imprevedibile (nuovi coronavirus o virus influenzali sono i principali imputati), il “nemico” del presente e del futuro è rappresentato da patogeni difficili da trattare per la limitatezza delle opzioni terapeutiche. In tale categoria rientrano i batteri antibiotico-resistenti e molti dei funghi della lista dell’OMS. Principali vittime di tali patogeni sono i soggetti fragili: anziani, immunodepressi, persone sottoposte a procedure invasive. Se il fenomeno dell’antibiotico-resistenza risente dello smodato e del cattivo utilizzo di antimicrobici in altri ambiti, come nel settore zootecnico, la crescente importanza dei funghi riflette un cambiamento epocale come il riscaldamento globale, che favorisce la diffusione di specie patogene in aree prima inesplorate e che stimola la cosiddetta termo-tolleranza adattativa di specie potenzialmente virulente, che non attaccano l’uomo perché di base inadatte alle temperature delle cellule dei mammiferi.
The Last of Us è dunque solo fantasia, ma il crescente impatto dei funghi in patologia medica è una realtà ormai consolidata.
Keywords: “The last of us”; Cordyceps; formica carpentiere; funghi; miceti; zombie; pandemia; fantascienza; riscaldamento globale; OMS
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