La Covid viene spesso definita come malattia respiratoria, ma le evidenze scientifiche mostrano in maniera sempre più significativa quanto questa infezione non causi soltanto la polmonite interstiziale, ma abbia effetti su tutto l’organismo. Uno di questi è l’infiammazione dell’endotelio che è quella parte che riveste i vasi sanguigni e il cuore e che può causare diverse patologie vascolari.
In questi mesi di pandemia, soprattutto nella prima fase, non solo sono aumentati i casi di pazienti Covid con infiammazioni e patologie vascolari (come trombosi e altri disturbi a carico del sistema cardiaco) ma queste hanno riguardato anche i giovani, di solito meno interessati da questo disturbo che colpisce soprattutto con l’avanzare dell’età. Non solo, l’infiammazione da Covid lascia sulle pareti delle arterie cicatrici permanenti che nel tempo possono indebolire il sistema vascolare e portare a ricadute. Ne abbiamo parlato con Daniele Bissacco, chirurgo vascolare e research fellow del Policlinico di Milano nonché section editor di chirurgia cardiovascolare per la rivista Medici Oggi di Springer Healthcare.
Dottor Bissacco, quali evidenze scientifiche ci sono a supporto di questi effetti del coronavirus sul sistema vascolare periferico?
L’infezione da Covid, soprattutto all’inizio, è stata etichettata come una patologia puramente respiratoria.
Con il tempo, si è visto che il tratto respiratorio e i polmoni sono solo la porta d’ingresso e la polmonite è una delle tante manifestazioni di questa patologia. Noi ora sappiamo che il virus entra all’interno delle cellule attraverso le vie aeree superiori e poi quelle inferiori, ma una volta inserito e replicatosi all’interno delle cellule polmonari, può tranquillamente agire e spargersi in tutti gli organi. Il danno d’organo che ne consegue può essere di due tipi: quello diretto, cioè causato dal virus all’interno delle cellule e quello indiretto, provocato dalla tempesta infiammatoria che il virus produce una volta che riesce a insediarsi in maniera significativa nell’organismo.
Per quanto riguarda l’apparato cardiovascolare, questi due meccanismi giocano un ruolo molto importante, prima di tutto perché il recettore ACE2 sul quale agisce il virus (è la porta d’ingresso nelle cellule) è ampiamente presente sia sulle arterie sia sulle vene del nostro corpo, in secondo luogo perché le cellule endoteliali, quelle che rivestono i vasi sanguigni, sono molto sensibili alla cascata infiammatoria e pro-trombotica scatenata dall’infezione da Covid. Quindi sì, c’è una correlazione con danni all’apparato cardiovascolare e gli studi hanno evidenziato delle patologie cardiache come infarto del miocardio o endocardite anche in pazienti senza patologie sottostanti aterosclerotiche. Anche a livello periferico (le arterie degli arti inferiori) si è visto un aumento notevole di patologie vascolari in pazienti Covid, quindi significa che le manifestazioni sono molto importanti in tutti gli organi e, essendo tutti gli organi irrorati dai vasi sanguigni, l’apparato cardiovascolare ha un ruolo principale in questo tipo di patologia.
Diversi articoli parlano dell’azione del virus sulle pareti dei vasi sanguigni davvero impressionanti, lascia dei segni comparabili a quelli presenti su una pista da hockey dopo una partita. È così?
Che sia hockey o altri sport, di certo sappiamo che è una partita dura e che avviene in maniera sistemica in tutti i vasi. Sono due i meccanismi con cui la Covid agisce in maniera patologica sui vasi sanguigni: il primo come già accennato è quello dell’endolite e cioè un’infiammazione importante delle cellule endoteliali con tutta la cascata infiammatoria che si ritrova anche in altri tipi di patologie infiammatorie; in secondo luogo, questo ambiente pro infiammatorio innesca tutta una serie di meccanismi che sono alla base delle trombosi venose e arteriose che in effetti abbiamo riscontrato nei pazienti Covid. Lo stadio finale di questi due meccanismi è il multiple organ failure, cioè una compromissione sistemica di tutti gli organi con, in alcuni casi, una prognosi infausta.
Quindi possiamo affermare che ci sono segni visibili a livello microscopico sulle pareti dei vasi e nella gestione dei pazienti Covid è essenziale prevenire questa infiammazione, perché è alla base di tutti i danni agli organi (rene, fegato, cuore apparato neurologico e soprattutto i polmoni), caratteristici di questa infezione.
In questi mesi quali sono state le patologie vascolari più frequenti, sia nei pazienti Covid sia non Covid?
Il problema di questa epidemia è che ha avuto effetti anche sulla popolazione negativa alla malattia. Quest’anno diversi medici hanno evidenziato significative differenze non solo nei pazienti Covid ma anche in quelli che non avevano questa infezione, sia come tipo di patologia vascolare sia come gravità. È emblematico il caso delle arteriopatie degli arti inferiori, patologie che normalmente colpiscono le fasce di popolazione più anziane e hanno come fattori di rischio l’aterosclerosi e il diabete: in questo periodo si sono manifestate nei pazienti positivi alla Covid, ma sono stati più frequenti e più gravi in quelli negativi.
Questo si può spiegare con il fatto che, per la paura di spostarsi e per lo stato di emergenza, i pazienti erano più restii a recarsi in ospedale e quindi abbiamo visto quadri più importanti che magari in un ambiente privo di epidemie o comunque in una condizione normale avremmo trattato quasi tranquillamente. Invece in questi mesi, soprattutto per le arteriopatie degli arti inferiori – ma anche i cardiologi hanno visto un aumento degli infarti nella popolazione generale – i pazienti soffrivano a casa invece di presentarsi al pronto soccorso.
Si parla di lunga coda di questo virus, degli effetti sul lungo periodo: per chi ha avuto un’infiammazione vascolare, si può recuperare o il sistema vascolare rimane indebolito?
In linea generale ogni malattia lascia un segno, e nel caso della Covid questi segni possono essere molto importanti. Quelli principali e quelli più studiati sono quelli polmonari, ma non dobbiamo dimenticarci che anche a livello cardiovascolare è probabile che siano presenti dei segni che nel lungo periodo possono dare problemi più o meno evidenti, a seconda della gravità della dell’infezione.
A livello vascolare, una trombosi lascia sempre una cicatrice, un po’ quello che dicevamo prima sui segni da hockey. Questa cicatrice è causata sia dalla patologia, sia da tutte quelle manovre che vengono messe in atto per guarire il paziente: il paziente con una trombosi arteriosa dell’arto inferiore dovrà essere operato, quindi sia la trombosi sia l’intervento a cui è sottoposto, lasceranno inevitabilmente dei segni che dovranno essere controllati nel tempo. Più importante è sicuramente il problema delle trombosi venose, delle trombosi distali (dal distretto femorale in giù) perché, non avendo a disposizione delle terapie che eliminano in modo istantaneo il problema, come accade per le arterie, la trombosi rimane e si deve effettuare il solito iter terapeutico. Questa formazione di trombi nelle vene anche a distanza di anni può portare a tutto un corredo di sintomi e segni simili a quelli che ritroviamo in una trombosi non Covid. Quindi questi pazienti (parliamo sempre di casi gravi) avranno delle cicatrici che dovranno portarsi per tutta la vita: i controlli post infezione sapranno assolutamente guidare e quantizzare il risultato e gli strascichi dell’infezione stessa.
Qual è stata la sua esperienza in Lombardia, come avete gestito i pazienti Covid e non Covid con patologie vascolari?
La Lombardia è stata una delle zone più colpite al mondo, per questo da subito a livello regionale si è imposta una divisione delle unità operative di chirurgia vascolare in hub and spoke. Gli hub vascolari erano quattro sul territorio lombardo e dovevano garantire un servizio h24, sette giorni su sette, per i pazienti positivi con complicanze a livello vascolare. Gli spot dovevano supportare l’attività degli hub, trasferirvi i pazienti nel caso non potessero curarli in loco e garantire comunque un servizio per i soggetti che si presentavano in pronto soccorso.
Attraverso quindi la Vascular Surgery Group di regione Lombardia stiamo effettuando delle analisi, alcune già pubblicate, in cui abbiamo valutato come è stato l’impatto dell’epidemia Covid negli spot e negli hub durante la fase 1, da marzo a maggio 2020. Sono stati arruolati più di 650 pazienti Covid positivi e negativi e si è visto che le arteriopatie degli arti inferiori erano le patologie più frequenti nei soggetti positivi al SARS-Cov-2. I risultati non sono stati simili a quelli che troviamo di solito nella nostra pratica clinica poiché i pazienti Covid positivi esprimevano un grado di retrombosi più grave e una quantità di reinterventi maggiore rispetto a quelli negativi. Inoltre, abbiamo notato molte trombosi su vasi sani di pazienti giovani che presentavano quadri clinici che solitamente ritroviamo in pazienti più anziani e portatori di aterosclerosi. In questo caso erano soggetti con vasi “puliti”, ma che avevano sviluppato trombosi, che è appunto la manifestazione finale della cascata infiammatoria e pro trombotica che la Covid innesca a livello dei vasi, anche in soggetti giovani.
Altre analisi sono in fase di pubblicazione, regione Lombardia si sta muovendo anche in questi mesi per vedere se ci sono variazioni tra la prima e la seconda ondata. Sono ricerche in divenire, solo il tempo ci dirà se i risultati sono confermati o meno e se ci saranno complicanze a lungo termine
Nella sua esperienza, in questa seconda ondata, rispetto alla prima, crede ci sia qualcosa di diverso?
È presto per dirlo, sicuramente anche in questa seconda ondata stiamo riscontrando trombosi, quindi questa patologia è tornata, e malgrado tutte le terapie che stanno funzionando, i tassi di mortalità più bassi e il miglioramento della gestione dei pazienti Covid a domicilio, la patologia vascolare è sempre quella. Forse ora, con questo lockdown più soft rispetto al primo, le persone si fanno meno problemi ad andare in ospedale e non si acutizzano a casa, quindi forse stiamo vedendo meno quello che succedeva nella prima ondata, con le persone che rimanevano in casa per paura e non si recavano al pronto soccorso. Ma è ancora presto per fare delle valutazioni conclusive.
Fonti
D. Bissacco et al, Is there a vascular side of the story? Vascular consequences during COVID‐19 outbreak in Lombardy, Italy, Journal of Cardiac Surgery, 04 October 2020 – https://doi.org/10.1111/jocs.15069
R. Bellotosta, D. Bissacco et al, Differences in hub and spoke vascular units practice during the novel Coronavirus-19 (COVID -19) outbreak in Lombardy, Italy, The Journal of Cardiovascular Surgery 2020;61(0):000–000 – DOI : 10.23736/S0021-9509.20.11564-7
R. Bellotosta et al, Acute limb ischemia in patients with COVID-19 Pneumonia, J Vasc Surg. 2020 Dec; 72(6): 1864–1872. 2020 Apr 29. doi: 10.1016/j.jvs.2020.04.483
Questa intervista è stata rilasciata anche per il blog MEDORA fondato da Angelica Giambelluca