La collaborazione tra paziente e medico è fondamentale per comprendere le problematiche cliniche derivanti dalla terapia e strutturare l’approccio più adeguato
Lo sviluppo della tossicità legata a un trattamento farmacologico è spesso il prezzo che il paziente deve pagare nell’essere sottoposto a una terapia oncologica. La diagnosi e la gestione di queste tossicità è una delle principali sfide quotidiane dell’oncologo, la cui buona riuscita può permettere di ambire al successo terapeutico. Viceversa lo sviluppo di una tossicità ingestibile può impedire la prosecuzione di una terapia farmacologica, anche qualora essa abbia ottenuto un adeguato controllo della malattia tumorale.
Nella gestione di alcuni eventi avversi si può far ricorso a un’ulteriore terapia farmacologica di supporto nell’intento di ridurre d’intensità o far regredire il sintomo con il quale una determinata tossicità si manifesta, mentre per altre forme di eventi avversi gli interventi farmacologici sono poco efficaci o addirittura inesistenti (per esempio la disgeusia, l’ipopigmentazione cutanea o la fatigue). Nella gestione della tossicità da farmaco le altre opzioni a disposizione del clinico comprendono la sospensione temporanea o permanente della terapia o la riduzione della dose, con un possibile (ma non certo) impatto sull’efficacia della terapia.
Lo sviluppo della tossicità da farmaco purtroppo è un evento imprevedibile sia nell‘intensità, sia nel tempo di comparsa e non esistono oggi dei fattori predittivi validati che ci permettano di prevederne le caratteristiche prima di avviare la terapia. In base alla tipologia di farmaco che viene somministrato e quindi al suo meccanismo d’azione possiamo fare riferimento a concetti generali che, per quanto utili, non sempre riflettono ciò che accade nella pratica clinica di tutti i giorni. Ecco perché la diagnosi e l’intervento precoce sul sintomo rappresentano i due fattori chiave della gestione della tossicità da farmaco.
Perché le tossicità di grado lieve sono importanti da considerare?
La maggior parte dei pazienti in corso di terapia oncologica sperimentano tossicità di grado lieve-moderato per cui non sempre è necessario sospendere la terapia o ridurre la dose, provvedimenti che si rendono invece necessari in caso di tossicità di grado più elevato. Tuttavia sono proprio le tossicità di grado lieve che impattano maggiormente sulla qualità di vita del paziente e che, di conseguenza, rischiano di inficiare anche l’efficacia della terapia stessa poiché comportano, se trascurate o non trattate adeguatamente, una minor aderenza alla terapia e/o sospensioni precoci. Intercettarequeste tossicità non è sempre semplice in quanto i quadri possono essere sfumati, i sintomi soggettivi – e possono essere omessi dallo stesso paziente che non li reputa oggetto di discussione con il medico con cui preferisce affrontare altre tematiche – o infine possono essere sottostimate dal clinico stesso[1,2]. L’individuazione, la comprensione e la cura proprio di queste tossicità seppur blande dovrebbe far parte degli obiettivi a cui l’oncologo mira in corso di terapia.
L’obiettivo primario di una terapia oncologica infatti deve essere sempre quello di mantenere l’equilibrio tra la cura della malattia tumorale e un‘adeguata qualità di vita: se quest’ultima viene sensibilmente peggiorata, l’equilibrio si rompe.
Come vengono monitorate le tossicità nella pratica clinica?
Uno dei grandi passi avanti fatti nel monitoraggio delle tossicità è rappresentato dallo sviluppo dei CTCAE (Common Terminology Criteria for Adverse Events), ovverosia della classificazione standardizzata degli eventi avversi dei farmaci usati nella terapia del cancro. Tale strumento è stato creato inizialmente per la valutazione delle tossicità nel corso dei trial clinici, ma in seguito è stato adottato anche nella pratica clinica di tutti i giorni come parametro universale, oggettivo e riproducibile.
Sebbene nel tempo si siano sviluppate abilità sempre maggiori nella gestione degli eventi avversi da farmaco, resta comunque un bias iniziale che rischia di rendere infruttuosi tutti gli interventi medici possibili per portare avanti al meglio la terapia oncologica. Infatti circa il 10% degli eventi avversi presenti nei CTCAE e che possono essere sperimentati dai pazienti in corso di una terapia oncologica farmacologica si manifestano con una sintomatologia esclusivamente soggettiva (per esempio dolore, fatigue, nausea), che il clinico deve interpretare, collocare dentro i CTCAE, quindi classificare in gradi e trattare, solo sulla base di quanto riferito dal paziente. Per questa tipologia di sintomi peraltro è stato già dimostrato che esiste una differenza sostanziale tra quanto è effettivamente percepito dal paziente e ciò che viene riportato dal clinico[2].
D’altra parte non tutte le tossicità possono essere adeguatamente riportate dal paziente, alcune di esse infatti richiedono necessariamente la valutazione e l’interpretazione da parte del clinico (per esempio l’alterazione degli esami di laboratorio o manifestazioni cliniche oggettive come un rash cutaneo).
La collaborazione tra il paziente e il medico, nonché l’integrazione tra i dati riportati da entrambi, sono fondamentali affinché la comprensione delle problematiche cliniche derivanti dalla terapia sia completa e si possa strutturare cosi l’approccio più adeguato.
Miglioramento degli outcomes clinici con l’utilizzo dei Patient Reported Outcomes (PROs)
All’ASCO del 2017, durante la sessione plenaria, sono stati presentati i dati relativi a uno studio clinico che ha suscitato l’interesse di molti poiché documentava come, nei pazienti sottoposti a un trattamento chemioterapico, l’utilizzo dei Patient Reported Outcomes (PROs), rispetto al monitoraggio “standard” delle tossicità, era associato a un miglior outcome in termini addirittura di overall survival[3]. Tale miglioramento, seppur piccolo (ma comunque statisticamente significativo), è servito a spostare di tanto il punto di vista degli oncologi, o forse dei clinici in generale, evidenziando la necessità di rendere il più “paziente-centrico” possibile ogni percorso terapeutico che si affronti. La qualità di vita (QoL) rientra tra gli obiettivi degli studi clinici e, insieme allo spettro delle tossicità farmaco-specifiche, spesso rappresenta l’ago della bilancia nella scelta terapeutica in setting in cui esistono molteplici opzioni, talvolta tra loro sovrapponibili per efficacia. Ecco perché è fondamentale continuare a migliorare, all’interno dei trial clinici ma anche e soprattutto nella nostra pratica clinica quotidiana, il sistema di monitoraggio delle tossicità.
Quale strumento usare?
Lo strumento più diffuso per il monitoraggio della qualità di vita (QoL) è senz’altro il questionario che viene sottoposto al paziente in corso di terapia, di cui esistono varie declinazioni con intenti diversi. Alcuni questionari esplorano genericamente la qualità di vita durante il trattamento (per esempio EQ-5D), altri invece si focalizzano sull’andamento di sintomi specifici in grado di alterare la qualità di vita del paziente (dolore, nausea, depressione) in corso di terapia (per esempio Hospital Anxiety and Depression Scale, ID-pain). Tali strumenti presentano molti limiti, e sono stati accusati di non indagare in maniera globale la qualità di vita dei pazienti, tralasciando aspetti evidentemente importanti come appunto l’astenia e gli effetti collaterali del farmaco, la sfera sessuale o i rapporti sociali in generale, né di catturarne le eventuali variazioni durante la terapia[4].
PRO-CTCAE
I Patient Reported Outcomes – Common Terminology Criteria for Adverse Event rappresentano l’evoluzione dei CTCAE e ancora una volta il loro sviluppo è stato previsto a integrazione di quest’ultimi per il monitoraggio delle tossicità da farmaco nei trial clinici. I PRO-CTCAE sono dei questionari in cui il paziente segnala, in autonomia e senza l’interferenza del clinico, gli effetti collaterali causati dalla terapia a cui è sottoposto e presenti nei CTCAE, ma adeguatamente convertiti per permetterne la compilazione da parte del paziente.
Grazie all’Italian PRO-CTCAE Study Group e alla collaborazione di 200 pazienti in 15 centri oncologici Italiani i PRO CTCAE sono stati tradotti in Italiano e quindi validati anche nella nostra popolazione: tale progetto ha reso questo strumento disponibile in Italia sia per lo svolgimento di trial clinici nazionali e internazionali, sia in futuro per la pratica clinica quotidiana.
Inoltre sempre più aziende stanno investendo risorse nello sviluppo di tecnologie che possano assistere i pazienti nella gestione delle tossicità anche al domicilio: in quest’ambito il progetto eRapid Research Project, fondato dal National Institute for Health Research (NIHR) Research Programme Grant for Applied Research, sta indagando l’utilità di un sistema telematico di monitoraggio online degli eventi avversi sviluppati dal paziente in corso di chemioterapia a cui viene anche fornito un supporto gestionale per il sintomo[5], nell’idea sempre più “innovativa” di assistere i pazienti non solo dentro gli ospedali e gli ambulatori ma anche a casa, laddove gli effetti collaterali si manifestano e fanno più paura. A tal proposito, sebbene la tecnologia possa tornare utile ai pazienti, con tutte le sue limitazioni legate ad età, invalidità, estrazione sociale, istruzione ecc, sarebbe forse un aiuto più efficace e immediato il miglioramento della collaborazione tra oncologi e medici di famiglia, la cui azione sul territorio costituisce l’anello di congiunzione tra paziente e specialista.
Appare quindi sempre più chiaro come la vicinanza comunicativa tra paziente e medico curante possa agevolare da entrambe le parti il percorso terapeutico e il superamento degli ostacoli che si incontrano nella via.
L’integrazione nella pratica clinica con i PRO fa senz’altro parte di questo processo di avvicinamento tra i protagonisti (pazienti e oncologi) della lotta al cancro suggellando un’alleanza terapeutica tra loro sempre più stretta.
Bibliografia
- I nuovi bisogni del paziente oncologico e la sua qualità di vita. Roma 28 febbraio 2018. Atti del convegno. In www.aiom.it
- Basch E, Bennett A, Pietanza MC. Use of patient-reported outcomes to improve the predictive accuracy of clinician-reported adverse events. J Natl Cancer Inst 2011; 103:1808–1810.
- Basch E, Deal AM, Dueck AC, Scher HI, Kris MG, Hudis C, Schrag D. Overall survival results of a trial assessing patient-reported outcomes for symptom monitoring during routine cancer treatment. JAMA 2017; 318(2):197–198.
- Health related quality of life aspects not captured by EQ-5D-5L: results from an international survey of patients. Health Policy 2019; 123: 159-165.
- Velikova G, Absolom K, Warrington L, et al. Phase III randomized controlled trial of eRAPID (electronic patient self-Reporting of Adverse-events: Patient Information and advice)—An eHealth intervention during chemotherapy. Journal of Clinical Oncology 2020 38:15_suppl, 7002-7002