La posizione delle maggiori Associazioni scientifiche
Sin dai primi giorni di diffusione del nuovo agente patogeno Severe Acute Respiratory Syndrome Corona Virus 2 (SARS-CoV-2) per cui si è resa necessaria una ridistribuzione delle forze sanitarie e un blocco delle attività, una delle domande che ci si è posti ha riguardato i pazienti oncologici ed il loro destino.
Sono 2 milioni e 250 mila gli italiani che vivono con una diagnosi di tumore (il 4% dell’intera popolazione). La maggior parte sono donne e anziani, questi ultimi per definizione fragili, ancor di più in questo periodo di pandemia. Peraltro, in Italia ogni giorno circa 1.000 persone ricevono una nuova diagnosi di tumore maligno infiltrante e in certi casi, l’avvio precoce di una cura è determinante per la prognosi stessa [1].

In generale i malati di cancro, in relazione alla patologia oncologica stessa e ai trattamenti specifici a cui vengono sottoposti, sviluppano una condizione di immunodepressione che li rende più esposti alle patologie infettive e a sviluppare forme gravi e complicanze [2].
I quesiti in merito non si sono fatti attendere.
- Come gestire le prime visite e gli avvii dei trattamenti?
- I trattamenti oncologici farmacologici attivi vanno proseguiti anche in corso di epidemia?
Tra le parole che nelle ultime settimane riecheggiano costantemente una è “differire” e tutte le sue declinazioni. Parola che ai malati fa paura, perché si traduce rapidamente in senso di abbandono.
Ma la continuità di cura deve assolutamente fare il paio con il contenimento dell’infezione.
La ricerca clinica e la produzione di evidenze scientifiche, su cui si basa quotidianamente la medicina, in questo momento sono venute meno, non ci sono d’aiuto. La velocità di diffusione del Coronavirus ha letteralmente sbaragliato i tempi fisiologici necessari affinché si possano valutare i dati su cui costruire un’evidenza.
Tuttavia, l’esperienza e le conoscenze che finora abbiamo acquisito in campo oncologico si sono trasformate, non senza sforzo, in raccomandazioni che le Associazioni di tutto il mondo hanno prontamente pubblicato in risposta alla diffusione del virus.
AIOM, ESMO, NCCN, NICE hanno emanato linee guida/raccomandazioni di supporto ai medici specialisti oncologi, che di seguito vengono riassunte.
AIOM
Pubblicate in data 13 Marzo 2020 e destinate a essere modificate in relazione all’evoluzione dell’epidemia, le raccomandazioni italiane consigliano una valutazione caso per caso dei pazienti in trattamento attivo al fine di considerare anche il possibile rinvio del trattamento stesso, in base al rapporto rischio/beneficio. Le visite di controllo ambulatoriali vanno posticipate a sei-dodici mesi, confermando invece le visite ambulatoriali ritenute non differibili per necessità cliniche. AIOM consiglia anche la riduzione dei flussi degli accompagnatori, che comunque potranno accedere in struttura qualora ritenuto necessario dal medico. Per il personale sanitario, AIOM consiglia condotta prudenziale generalizzata con utilizzo di mascherina chirurgica e guanti. Infine, consiglia assoluto divieto di accesso alle strutture ospedaliere a tutti i pazienti con sintomatologia influenzale o con febbre senza essersi prima sottoposti al triage medico. Per i pazienti oncologici che sviluppano tale sintomatologia al domicilio, viene consigliato contatto telefonico con i sanitari prima dell’accesso in struttura. [3]
NCCN
In data 15 Marzo 2020, gli esperti della Seattle Cancer Care Alliance (SCCA) – un’istituzione membro del National Comprehensive Cancer Network® (NCCN®) – hanno condiviso intuizioni e consigli su come continuare a fornire un’assistenza ottimale per il cancro durante la nuova pandemia di coronavirus (COVID-19). La gestione a distanza del paziente ambulatoriale da parte di personale sanitario appositamente formato diventa cruciale e indispensabile per ridurre gli ingressi in ospedale e quindi le occasioni di contagio. Tutte le “second opinion” richieste da parte di pazienti già in carico presso un centro Oncologico sono da rimandare. I pazienti già in trattamento a scopo potenzialmente curativo o che sono in procinto di iniziarlo devono procedere con la terapia, sebbene si riconosca il pericolo di infezione da Covid19. Per i pazienti metastatici il cui obiettivo è la palliazione, viene consigliata una valutazione che tenga in considerazione l’impatto del rinvio della terapia sull’obiettivo della stessa e sul carico di stress che questo possa comportare al paziente. Discorso analogo per i pazienti oncologici candidati a trattamenti chirurgici, che vanno selezionati sulla base della probabilità di cura. Una possibile strategia proposta è il differimento degli interventi chirurgici su selezionati tumori mammari ormono-resposivi in stadio iniziale che possono essere momentaneamente trattati con terapia ormonale.
L’inclusione in studi clinici va limitata ai pazienti per cui è strettamente necessario.
Tra i consigli non si dimentica di sottolineare l’importanza del mantenimento del benessere degli operatori sanitari a rischio aumentato di burnout, e la protezione degli stessi in caso di comorbidilità rilevanti che possano comportare un aumento del rischio, riassegnandoli a mansioni amministrative. Identificata come auspicabile anche la rotazione delle squadre operative, nell’ottica di preservare il proprio benessere, ogni due settimane [4].
ESMO
La Società Europea di Oncologia Medica (European Society for Medical Oncology) in data 20 marzo 2020 ha pubblicato una serie di raccomandazioni rivolte a pazienti e sanitari all’interno di una pagina web dedicata all’epidemia da COVID19, che contiene anche i link al materiale scientifico finora prodotto sull’argomento (sia sull’infezione da Covid-19 in generale che nel paziente oncologico) e contributi web e social media affidabili [5].
ESMO identifica come pazienti potenzialmente a rischio coloro che stanno ricevendo una chemioterapia o che l’hanno ricevuta negli ultimi 3 mesi, coloro che stanno ricevendo alte dosi di radioterapia, coloro che hanno subito un trapianto di midollo negli ultimi sei mesi, coloro che assumono terapia immunosoppressiva, e infine coloro che sono affetti da una neoplasia ematologica anche se non in trattamento attivo. Riconosce come appartenenti ad una categoria a maggior rischio tutti i pazienti con alterazione del sistema immunitario, sia esso dato da una riduzione dei globuli bianchi totali, da ridotti livelli di immunoglobuline o da trattamenti immunosoppressivi come terapia corticosteroidea cronica o anticorpale. L’immunoterapia gioca in questo senso ancora un ruolo dubbio e assai discusso per cui non è possibile emanare alcuna specifica raccomandazione.
Anche ESMO consiglia ai sanitari la valutazione caso per caso. In questo senso, è mandatorio il calcolo del rischio/beneficio sia per l’avvio delle terapie oncologiche farmacologiche (dando la priorità alle terapie adiuvanti se la malattia è ad alto rischio di recidiva), sia per le terapie già in corso per le quali va considerata la dilazione delle schedule, oppure le interruzioni temporanee in caso di malattia considerata stabile.
Interessante e non di poca utilità il consiglio di suddividere i team sanitari in due compartimenti, uno operativo in prima linea con i pazienti e uno a supporto dietro le quinte, che ruotano ogni 14 giorni, il periodo massimo di incubazione del Coronavirus.
NICE
Nella settimana corrente anche il Regno Unito è venuto in soccorso agli operatori sanitari producendo delle linee guida strutturate nel tipico stile NICE (National Institute for Health and Care Excellence). I consigli forniti si allineano a quelli delle altre organizzazioni scientifiche. Ridurre, laddove possibile, i contatti con i pazienti con necessità soddisfabili a distanza. Tale modalità orienta verso una nuova routine telematica, con consulti telefonici, esami ematici effettuati presso laboratori esterni da visionare tramite PC e invio a domicilio dei medicinali. NICE definisce anche le modalità di accesso agli ospedali, suggerendo triage telefonico, visite senza accompagnatori e riduzione all’osso del tempo di permanenza nell’ospedale dei pazienti, ai quali va richiesto di non arrivare troppo in anticipo rispetto all’orario programmato. NICE introduce una scala di priorità rispetto al trattamento a cui il paziente deve sottoporsi su cui basare le scelte dei medici, che vede in cima i trattamenti con scopo curativo con più del 50% di possibilità di successo [6].
Le raccomandazioni per i pazienti con tumore del tratto genito-urinario arrivano invece da un editoriale pubblicato di recente che ha come autore Silke Gillessen, dell’Istituto oncologico della Svizzera Italiana.
La priorità va ai pazienti con malattia potenzialmente curabile, che possibilmente vanno sottoposti a intensificazione dei regimi di supporto alla chemioterapia, con somministrazione di fattori di crescita e terapia antibiotica profilattica laddove considerati a rischio di infezione, al fine di prevenirla e al fine di ridurre le necessità di ospedalizzazione. Attenzione anche alle terapie cortocosteroidee, che vanno evitate o ridotte al minimo negli schemi di antiemesi, laddove sia possibile. Per i pazienti affetti da carcinoma prostatico per i quali la terapia steroidea è spesso utilizzata, è opportuna un’attenta valutazione dei rischi e dei benefici.
Gli agenti protettori dell’osso, anch’essi spesso somministrati nei pazienti con neoplasie del distretto urologico, andrebbero momentaneamente sospesi qualora la loro somministrazione comporti un aumento del rischio di infezione.
La terapia adiuvante e neoadiuvante necessitano di un ragionamento a se stante: se da una parte il rapporto rischio/beneficio possa essere a sfavore della somministrazione della terapia nei setting in cui il beneficio in sopravvivenza è modesto, dall’altra la chemioterapia neoadiuvante può tornare utile in quei casi in cui gli interventi chirurgici sono sospesi.
Lampante dunque lo sforzo fatto da tutto il mondo accademico per supportare i centri oncologici nella lotta contro i tumori al tempo del Covid-19; un’idea unanime di protezione verso il paziente oncologico, riconosciuto come fragile e a rischio, ma non per questo messo da parte.
In Italia, molti centri oncologici hanno messo a punto protocolli interni atti al medesimo scopo, adattati alla propria realtà.
Pertanto, si invita tutti coloro ai quali emerge un dubbio, sia pazienti che familiari, a contattare i propri medici oncologi di riferimento, che senz’altro potranno fornire le adeguate risposte.
Bibliografia essenziale:
[1] I numeri del Cancro in Italia nel 2019. www.epicentro.iss.it
[2] Landmann A. et al. Cancer patients in SARS-CoV-2 infection: a nationwide analysis in China. Lancet 2020. Published Online February 14, 2020 https://doi.org/10.1016/ S1470-2045(20)30096-6
[3] 20200313_COVID-19_indicazioni_AIOM-CIPOMO-COMU.pdf
[4] Managing Cancer Care During the COVID-19 Pandemic: Agility and Collaboration Toward a Common Goal. Masumi Ueda, MD, MA et al. doi: 10.6004/jnccn.2020.7560
[5] https://www.esmo.org/newsroom/covid-19-and-cancer
[6] COVID-19 rapid guideline: delivery of systemic anticancer treatments. NICE guideline www.nice.org.uk/guidance/ng161
[7] Gillessen S, Powles T. Advice for medical oncology care of urological cancer patients during the COVID-19 pandemic. Editorial seen ahead of publication date in European urology- personal communication of accepted manuscript by author.