La sostituzione valvolare, unica terapia efficace disponibile per i pazienti con stenosi valvolare aortica severa, è indicata quando i rischi della valvulopatia superano quelli della procedura: nuove metodiche di imaging permettono al medico di effettuare una migliore stratificazione del rischio
Federico Fortuni1,2, Victoria Delgado1, Nina Ajmone Marsan1
1Dipartimento di Cardiologia, Centro Medico Universitario di Leida, Leida, Paesi Bassi
2Dipartimento di Medicina Molecolare, Università di Pavia, Pavia
Epidemiologia della stenosi valvolare aortica
La stenosi valvolare aortica (SVA) è diventata negli anni la patologia valvolare cardiaca più comune del paziente anziano nei Paesi industrializzati (1). Una meta-analisi, che ha incluso più di 9000 pazienti anziani (>75 anni) da diversi continenti, ha evidenziato una prevalenza di più del 12% di questa valvulopatia; inoltre più del 3% dei pazienti presentava una SVA di grado severo (2). La SVA può avere diverse cause: la più comune è l’eziologia degenerativa che, secondo studi recenti, dipende da meccanismi complessi che coinvolgono infiammazione, fibrosi e deposizione di calcio a livello delle cuspidi valvolari e dell’anello (3). Queste alterazioni determinano una riduzione della mobilità della valvola e specificatamente riducono la sua apertura e l’area valvolare aortica in sistole.
Fisiopatologia: alterazioni cardiovascolari in corso di stenosi valvolare aortica
La riduzione dell’area valvolare aortica determina un ostacolo all’eiezione di sangue da parte del ventricolo sinistro causando un incremento del post-carico ed una riduzione della perfusione sistemica (4). Il ventricolo sinistro risponde a queste alterazioni adattandosi per cercare di superare questo ostacolo alla perfusione rappresentato dalla SVA. I meccanismi di adattamento del ventricolo sinistro sono molteplici ed eterogenei e sono principalmente rappresentati dall’ipertrofia (Figura 1) (4-7).

Figura 1: Rimodellamento ventricolare sinistro indotto dalla stenosi aortica. La figura mostra il rimodellamento del ventricolo sinistro indotto dall’aumento del post-carico causato dalla presenza della SVA. L’elemento cardine del rimodellamento ventricolare è rappresentato dall’ipertrofia che è funzionale al mantenimento di un’adeguata perfusione sistemica ed alla riduzione della tensione parietale. Queste modifiche però si accompagnano alla comparsa di danno miocardico rappresentato dalla fibrosi, che influenza negativamente la prognosi dei pazienti con SVA.
L’ipertrofia è finalizzata:
- alla normalizzazione della tensione di parete (che secondo la legge di Laplace è inversamente proporzionale allo spessore parietale),
- ad un aumento della contrattilità ventricolare,
- al mantenimento della gittata sistolica per garantire un’adeguata perfusione periferica e mantenere il paziente in compenso cardio-circolatorio.
Questi meccanismi di compenso però sono accompagnati anche da alterazioni sfavorevoli per il corretto funzionamento del ventricolo sinistro (4). L’aumento delle miofibrille (funzionali alla contrazione) è infatti accompagnato dalla comparsa concomitante di fibrosi e deposizione di matrice extracellulare, che rappresenta il primum movens del danno miocardico in questi pazienti (8,9). Inoltre, all’incremento della massa miocardica corrisponde anche un aumento della richiesta di ossigeno, glucosio ed acidi grassi liberi per garantire il metabolismo ed il corretto funzionamento dei miocardiociti. Gli stessi meccanismi che hanno determinato l’ipertrofia del ventricolo sinistro però ne riducono potenzialmente la perfusione, generando un circolo vizioso che amplifica il danno miocardico. La SVA infatti determina una riduzione della gittata sistolica e l’incremento della tensione parietale del ventricolo sinistro contrasta la perfusione dello stesso, che avviene principalmente in diastole (4,8). Per queste ragioni ad un certo punto i pazienti con SVA emodinamicamente significativa inizieranno a manifestare sintomi che sono rappresentati dalla triade dispnea, angina e sincope. In presenza di questi sintomi o di danno miocardico rilevante la prognosi dei pazienti con SVA severa non trattata è pessima, con il 50% dei pazienti che va incontro a morte entro 1-2 anni dall’inizio dei sintomi (10).
Terapia della stenosi valvolare aortica
L’unica terapia efficace disponibile per i pazienti con SVA severa è rappresentata dalla sostituzione valvolare, che può avvenire per via chirurgica o percutanea. Il timing ideale per l’intervento andrebbe indagato tramite una stratificazione del rischio personalizzata e idealmente l’intervento è indicato quando i rischi della valvulopatia superano quelli della procedura (11). I rischi della sostituzione valvolare aortica sia per via chirurgica che percutanea si sono ridotti negli anni grazie all’avanzamento delle tecnologie ed alla maggiore esperienza dei Centri (11). A conferma di questo, gli score di rischio correlati a chirurgia cardiaca, se applicati a coorti di pazienti contemporanee, tendono a sovrastimare l’incidenza di complicanze peri-procedurali (12). Contrariamente al rischio correlato alla sostituzione valvolare aortica, i rischi correlati alla presenza di SVA severa sono rimasti costanti negli anni vista l’assenza di una terapia medica efficace. Le linee guida correnti raccomandano di procedere alla sostituzione della valvola aortica nei pazienti con SVA severa quando questa diventa sintomatica oppure se la funzione ventricolare sinistra, stimata mediante la frazione di eiezione, risulta ridotta sotto il 50% (13). Questi criteri presentano però alcune importanti criticità:
- la prima è rappresentata dalla difficoltà nell’indagare la presenza di sintomi e nell’identificare la loro relazione con la SVA nel paziente anziano con plurime comorbilità, che possono causare direttamente o essere concausa dei sintomi;
- la seconda è rappresentata dall’accuratezza limitata dell’ecocardiografia e della frazione di eiezione nello stimare il danno miocardico dovuto alla SVA.
Nuove frontiere nella stratificazione del rischio dei pazienti con stenosi valvolare aortica
Come illustrato nel precedente paragrafo, la stratificazione del rischio del paziente con SVA severa si basa essenzialmente su due elementi:
- la presenza di sintomi (dispnea, angina e sincope) correlati alla valvulopatia e
- la frazione d’eiezione del ventricolo sinistro stimata mediante metodica ecocardiografica (13).
Questi parametri hanno dei limiti importanti e recentemente l’utilizzo di nuove metodiche di imaging ha dimostrato di avere le potenzialità per migliorare l’abilità del medico nel predire il rischio di eventi avversi nei pazienti con SVA emodinamicamente significativa. La valutazione della funzione sistolica del ventricolo sinistro con l’ecocardiografia può essere migliorata mediante l’utilizzo dello speckle tracking (che permette la misurazione di vari parametri di deformazione miocardica, consentendo una valutazione dell’ispessimento, dell’accorciamento e della rotazione miocardica) e l’analisi dello strain miocardico longitudinale globale e dei vari segmenti del ventricolo sinistro. Lo strain miocardico longitudinale globale o segmentale rappresenta la percentuale di accorciamento del miocardio durante la contrazione della camera cardiaca che si sta analizzando. Lo strain globale longitudinale del ventricolo sinistro riflette meglio della frazione di eiezione la funzione sistolica e la contrattilità ventricolare (14) essendo meno dipendente dalle condizioni di carico e presentando una minore variabilità intra- ed inter-operatore. Diversi studi hanno dimostrato che pazienti con SVA severa, asintomatici e/o con frazione d’eiezione conservata, ma con uno strain globale longitudinale del ventricolo sinistro ridotto presentavano un maggior rischio di sviluppare sintomi e di andare incontro a sostituzione valvolare aortica al follow-up (15).
Altre modalità di imaging hanno dimostrato ottime potenzialità per migliorare la stratificazione del rischio dei pazienti con SVA. La risonanza magnetica cardiaca, rispetto all’ecocardiografia, permette di caratterizzare il tessuto miocardico ed evidenziare la presenza di fibrosi localizzata (late gadolinium enhancement), diffusa (T1 mapping) o un incremento del volume extracellulare (extracellular volume quantification). Tutti questi parametri hanno dimostrato di poter migliorare la stratificazione del rischio del paziente con SVA rispetto al solo utilizzo dei sintomi e della frazione di eiezione (16,17).
Alcuni studi randomizzati sono in corso (18) per indagare il valore aggiunto di questi nuovi parametri di imaging nella gestione clinica dei pazienti con SVA e i dati che emergeranno potranno fornirci delle informazioni utili per una stratificazione più accurata e personalizzata.
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