Cristina Parrino1, Luca Gordini2 , Roberta Mascia3
1 Specialista Ambulatoriale, Endocrinologia e Diabetologia, Roma
2 Dirigente Medico, Chirurgia Endocrina, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Roma
3 Medico Oncologo, IRCCS Istituto Europeo di Oncologia di Milano, Divisione di Oncologia medica urogenitale e cervico – facciale.
Il carcinoma midollare della tiroide è una patologia tumorale maligna che richiede un approccio multidisciplinare da parte dell’endocrinologo, del chirurgo e dell’oncologo. La diagnosi tempestiva di carcinoma midollare può avere un impatto importante sulla sopravvivenza dei nostri pazienti.
L’articolo fornisce un aggiornamento sul carcinoma midollare della tiroide e guida il lettore attraverso la fase diagnostica e le opzioni terapeutiche chirurgiche e mediche attualmente disponibili.
L’endocrinologo: il sospetto clinico e la diagnosi
La maggioranza dei noduli tiroidei riscontrati nella pratica clinica è di natura benigna, mentre circa il 10% è rappresentato da lesioni maligne (1,2).
Tra i tumori maligni della tiroide si distinguono (1):
- forme differenziate (carcinoma papillare e carcinoma follicolare);
- forme non differenziate (carcinoma anaplastico);
- forme neuroendocrine (carcinoma midollare);
- sarcomi;
- linfomi;
- tumori metastatici.
Il carcinoma midollare è un tumore neuroendocrino raro, (1-2% dei tumori tiroidei) (3), che origina dalle cellule parafollicolari C della tiroide, deputate alla produzione di calcitonina, un ormone polipeptidico ad azione ipocalcemizzante (1,4). Questo tumore può presentarsi in forma sporadica, più frequente negli adulti, o in forma eredo-familiare, a trasmissione autosomica dominante, più frequente in età infantile e adolescenziale (Figura 1).
Nelle forme eredo-familiari può accompagnarsi ad altre patologie caratterizzate da ipersecrezione ormonale, configurando il quadro delle Neoplasie Endocrine Multiple (MEN).
Nella MEN2A, in aggiunta al carcinoma midollare, è descritta la presenza di:
- feocromocitoma;
- iperparatiroidismo primitivo.
Nella MEN 2B, invece, possono essere presenti:
- feocromocitoma;
- iperparatiroidismo primitivo;
- habitus marfanoide, ganglioneuromatosi intestinale e neurinomi mucosi (1,4,5).
In caso di riscontro diagnostico di carcinoma midollare della tiroide è fondamentale, valutare eventuali ipersecrezioni ormonali associate ed eseguire lo screening nei familiari di I grado (4).

Figura 1. Forme di presentazione del carcinoma midollare della tiroide
Dal punto di vista clinico, una persona con carcinoma midollare si presenterà con un nodulo tiroideo, del tutto asintomatico o, talvolta, apprezzabile alla palpazione.
Il carcinoma midollare può caratterizzarsi per (1,4):
- localizzazione all’unione tra il III medio e il III superiore dei lobi tiroidei;
- dolore spontaneo o alla palpazione;
- presenza di linfoadenopatia cervicale.
Alla diagnosi possono già esservi secondarismi linfonodali (50% dei casi) o a livello di osso, fegato e polmone (20% dei casi) (4). Oltre all’esame obiettivo del collo dovrà, inoltre, essere indagata l’eventuale presenza di sindrome diarroica e di crisi vasomotorie al viso, dovute alla secrezione da parte del tumore di sostanze come serotonina, istamina e prostaglandine (1,4).
Importanti integrazioni alla visita clinica sono le valutazioni strumentali (ecografia del collo) e biochimiche.
Dal punto di vista ecografico, le caratteristiche di sospetto del carcinoma midollare sono rappresentate da:
- aspetto solido del nodulo;
- ipoecogenicità;
- assenza di alone periferico.
È importante sottolineare che il carcinoma midollare non presenta caratteristiche ecografiche di sospetto differenti rispetto ai tumori maligni differenziati e che le caratteristiche citologiche mostrano un’ampia variabilità. Per la diagnosi sarà, pertanto, necessario ricorrere ad ulteriori strategie, quali, per esempio, il dosaggio di calcitonina su liquido di lavaggio e l’immunoistochimica per calcitonina, antigene carcino-embrionale (CEA) e cromogranina (1,4).
È, inoltre, indicato dosare i livelli di calcitonina ematica, che rappresenta il marker diagnostico (1,4,5). La calcitonina, infatti, è prodotta in quantità significative in presenza di questo tumore. Non esiste consenso sul valore soglia di calcitonina, ma in caso di valori basali all’interno del range di normalità e forte sospetto clinico è possibile eseguire il test di stimolo con calcio endovena (4).
Completato il percorso diagnostico (visita clinica, esame ecografico, citologia e immunoistochimica, esami biochimici) e confermato il sospetto di carcinoma midollare della tiroide, sarà necessario indirizzare il paziente a consulenza chirurgica.
Il chirurgo: il trattamento chirurgico
I pazienti affetti da carcinoma midollare della tiroide necessitano di una completa resezione del tumore tiroideo e di ogni metastasi loco-regionale.
Per la presenza di malattia bilaterale o multifocale fino al 10% dei pazienti, la tiroidectomia totale risulta essere il trattamento di scelta.
La valutazione dell’estensione della malattia ai linfonodi è fondamentale per la pianificazione di una corretta strategia chirurgica. Nei casi in cui non sia presente evidenza di un coinvolgimento linfonodale all’esame ecografico preoperatorio, si eseguirà una linfadenectomia profilattica dei linfonodi del compartimento centrale non associata a quella dei linfonodi latero-cervicali. Questa decisione è giustificata dall’elevata incidenza con la quale il carcinoma midollare della tiroide interessa questa stazione linfonodale. Questo si traduce in migliori outcomes oncologici richiedendo un reintervento in una percentuale inferiore rispetto ai casi trattati in maniera meno “aggressiva”.
Nei pazienti che presentano evidenza intraoperatoria di coinvolgimento dei linfonodi del compartimento centrale, viene associata una linfadenectomia laterocervicale del lato interessato. La necessità di ricorrere o meno a una linfadenectomia laterocervicale in assenza di evidenza ecografica di metastasi rimane dibattuto lasciando la decisione alla valutazione intraoperatoria correlata al dosaggio della calcitonina (6).
Rimane tuttavia poco chiaro se i pazienti possano davvero beneficiare di un trattamento più aggressivo a carico dei linfonodi per raggiungere una eccellente risposta alla terapia in contrapposizione a un approccio chirurgico più misurato che riconosce la possibilità di ottenere una risposta incompleta che possa richiedere o meno ulteriori trattamenti sulla base delle indagini eseguite nel corso del follow-up.
La linfadenectomia laterocervicale mono o bilaterale viene eseguita nel caso di evidenza ecografica di coinvolgimento linfonodale mono o bilaterale. In aggiunta a un approccio monolaterale (compartment-oriented) dei linfonodi laterocervicali interessati, deve essere presa in considerazione una linfadenectomia laterocervicale controlaterale profilattica (in assenza di coinvolgimento linfonodale) qualora i livelli di calcitonina basale dovessero superare i 200 pg/mL (6).
In caso di patologia residua o ricorrente successiva al primo intervento o in presenza di metastasi a distanza, il trattamento più appropriato (chirurgia, trattamento farmacologico oncologico o radioterapia) risulta essere meno definito.
Qualora la diagnosi di carcinoma midollare della tiroide dovesse giungere in seguito a un intervento di emitiroidectomia è possibile una osservazione con monitoraggio dei livelli di calcitonina oppure un intervento di totalizzazione di tiroidectomia che risulta necessaria per i casi ereditari a causa della bilateralità della malattia a differenza dei casi sporadici dove questa varia dallo 0 al 9%.
I pazienti affetti da MEN2 vengono sottoposti a tiroidectomia profilattica anche se il timing dell’intervento resta ancora argomento di dibattito non avendo raggiunto un consenso.
Un trattamento chirurgico meno aggressivo, a scopo prevalentemente palliativo, deve essere considerato nei pazienti con malattia localmente avanzata o metastatica al fine di ridurre la morbidità postoperatoria (6).
L’ oncologo: il trattamento medico
L’oncologo medico è la figura che entra in gioco per ultima nel percorso diagnostico-terapeutico dei pazienti e si occupa esclusivamente del trattamento medico farmacologico dei tumori in fase avanzata e metastatica.
La sopravvivenza media dei pazienti affetti da carcinoma midollare della tiroide è variabile in quanto dipende dal comportamento della malattia che notoriamente varia tra paziente e paziente da atteggiamenti francamente indolenti ad altri francamenti aggressivi.
Le metastasi a distanza nei pazienti affetti da carcinoma midollare della tiroide possono comparire al momento della diagnosi (malattia metastatica sincrona) oppure durante il follow up (malattia metastatica metacrona).
Le sedi più frequenti di metastasi a distanza sono rappresentate da:
- fegato;
- polmoni;
- linfonodi;
- osso (3).
Nei pazienti con livelli sierici di calcitonina <150 pg /ml è raro riscontrare un quadro di malattia metastatica a distanza, ma il rischio aumenta all’aumentare dei livelli sierici di calcitonina.I metodi diagnostici radiologici maggiormente utilizzati, per la loro elevata sensibilità nel diagnosticare le localizzazioni metastatiche, sono la TAC con mezzo di contrasto e la RMN con e senza contrasto (7).
Per i pazienti affetti da carcinoma midollare della tiroide localmente avanzati inoperabili o in fase metastatica, si può optare per:
- follow-up;
- terapie locali;
- terapia farmacologica sistemica.
La scelta verso cui l’oncologo medico si orienterà dipenderà dalla considerazione, caso per caso, di molteplici variabili e cioè:
- il comportamento della malattia alla diagnosi e durante il follow-up;
- le sedi e il numero di localizzazioni metastatiche;
- le condizioni cliniche del paziente;
- le comorbidità ;
- le preferenze del paziente.
I pazienti con malattia avanzata che potranno accedere al percorso di follow up sono coloro in cui la malattia ha un andamento francamente indolente, che non è in grado in quel momento di comportare una sintomatologia e per cui non si prevede nemmeno un miglioramento clinico in caso di risposta da parte della malattia alla terapia farmacologica.
Qualora la progressione si manifesti soltanto in un’unica sede o in un numero limitato di sedi si potranno allora valutare i trattamenti locali (chirurgici o radioterapici) al fine di procrastinare l’avvio della terapia sistemica e delle sue conseguenti tossicità.
In caso invece di una progressione diffusa, di una sintomatologia rilevante o di un atteggiamento ritenuto globalmente aggressivo della malattia, sarà opportuno avviare il trattamento farmacologico sistemico.
La terapia farmacologica sistemica prevede l’utilizzo di farmaci a bersaglio molecolare, il cui target principale per il loro sviluppo è stato identificato nel proto oncogene RET (Tabella 1).

Tabella 1. Terapia farmacologica sistemica per il carcinoma midollare della tiroide
Qualora nessuno dei due farmaci (Tabella 1) possa essere utilizzato, la scelta del trattamento resta all’interno della famiglia degli inibitori delle tirosin-kinasi con Sunitinib, Sorafenib e Pazopanib, per i quali sono disponibili solo dati derivanti da piccoli campioni di popolazione all’interno di studi clinici di fase II.
Nel tumore midollare della tiroide in stadio avanzato purtroppo la chemioterapia svolge un ruolo solo marginale in quanto le evidenze scientifiche a disposizione documentano una scarsa efficacia di tale strategia terapeutica a fronte di tossicità talvolta rilevanti.
Anche per i tumori rari, categoria a cui appartiene anche il carcinoma midollare della tiroide, la ricerca procede a grandi passi. Le ultime novità presentate all’ASCO 2020 riguardano non solo lo sviluppo di nuovi agenti farmacologici in grado di superare le resistenze indotte dalla terapia farmacologica di I linea, ma anche la ricerca di nuovi target molecolari, come RAS e gli immune check points.
Bibliografia
- Faglia, Giovanni e Beck-Peccoz P. Malattie del Sistema Endocrino e del Metabolismo. 4 Edizione. McGraw-Hill; 2006.
- Durante C, Grani G, Lamartina L, Filetti S, Mandel SJ, Cooper DS. The diagnosis and management of thyroid nodules a review. JAMA – Journal of the American Medical Association. 2018.
- Wells SA, Asa SL, Dralle H, Elisei R, Evans DB, Gagel RF, et al. Revised American thyroid association guidelines for the management of medullary thyroid carcinoma. Thyroid. 2015;
- AIOM. Linee Guida Tumori della Tiroide Associazione Italiana di Oncologia Medica Edizione 2018.
- AIOM. Linee Guida Neoplasie Neuroendocrine Associazione Italiana di Oncologia Medica.
- Machens A, Dralle H. Biomarker-based risk stratification for previously untreated medullary thyroid cancer. J Clin Endocrinol Metab. 2010;
- Giraudet AL, Vanel D, Leboulleux S, Aupérin A, Dromain C, Chami L, et al. Imaging medullary thyroid carcinoma with persistent elevated calcitonin levels. J Clin Endocrinol Metab. 2007;
- Wells SA, Gosnell JE, Gagel RF, Moley J, Pfister D, Sosa JA, et al. Vandetanib for the treatment of patients with locally advanced or metastatic hereditary medullary thyroid cancer. J Clin Oncol. 2010;
- Elisei R, Schlumberger MJ, Müller SP, Schöffski P, Brose MS, Shah MH, et al. Cabozantinib in progressive medullary thyroid cancer. J Clin Oncol. 2013;