Cristina Parrino 1, Elisabetta Camajani2,3, Massimiliano Caprio 3
1 Servizio di Endocrinologia, Poliambulatorio San Raffaele Termini, Roma
2 Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Fisiopatologia Medica, Scienza dell’Alimentazione e Endocrinologia – Policlinico Umberto I Roma
3 Dipartimento di Scienze Umane e Promozione della Qualità della Vita, Università Telematica San Raffaele Roma
Introduzione alla dieta chetogenica
La dieta chetogenica è un particolare regime dietetico che si caratterizza principalmente per (1–3):
- ridotto contenuto di carboidrati;
- utilizzo dei lipidi come principale substrato energetico;
- decremento ponderale rapido.
Il processo che permette l’utilizzo dei lipidi come fonte di energia alternativa ai carboidrati prende il nome di chetogenesi e indica la sintesi di corpi chetonici a partire dai depositi di grassi presenti a livello del tessuto adiposo (4). Questo fenomeno si verifica fisiologicamente durante il digiuno o l’esercizio prolungato (4,5), ma può essere “riprodotto” a scopi terapeutici attraverso la riduzione della quantità di carboidrati assunti con la dieta (<30-50 g/die).
In assenza di glucosio esogeno, i processi di glicogenosintesi, di glicolisi e la biosintesi degli acidi grassi sono inibiti, mentre si ha la promozione della glicogenolisi, della lipolisi, della gluconeogenesi e della ß-ossidazione e si assiste alla mobilizzazione degli acidi grassi dal tessuto adiposo e alla loro conversione, a livello epatico, in corpi chetonici (aceto-acetato, beta-idrossi-butirrato e acetone). Molti organi e tessuti, tra cui il muscolo scheletrico, il cervello e il cuore (4), sono in grado di utilizzare i corpi chetonici a scopo energetico attraverso il processo mitocondriale di chetolisi (1).
Nella comunità clinica e scientifica la dieta chetogenica ha, talvolta, generato perplessità e preoccupazione per l’errata “associazione” con il processo patologico della cheto-acidosi diabetica, che ha cause e meccanismi differenti (1).
In realtà, durante il fenomeno fisiologico della chetogenesi (Tabella 1):
- il pH ematico si mantiene all’interno dei limiti della normalità (6,7);
- non si osserva accumulo dei corpi chetonici (7,8), poiché vengono utilizzati da organi e tessuti;
- i livelli di glicemia si mantengono all’interno dei valori di normalità (1).
Alla regolazione della chetogenesi partecipano molti ormoni e tra essi ricordiamo l’insulina, il glucagone, il cortisolo, le catecolamine e l’ormone della crescita (5). In particolare, l’insulina svolge un ruolo fondamentale nel controllo della produzione dei corpi chetonici, inibendone la formazione in eccesso (1,5).

Tabella 1. Livelli di glicemia, insulinemia, chetonemia e pH ematico in corso di dieta mediterranea, dieta chetogenica e chetoacidosi diabetica (6–8)
È importante precisare, inoltre, che esistono diversi protocolli di dieta chetogenica (Tabella 2) con differenti proporzioni di macronutrienti (carboidrati, proteine e lipidi) e con specifici ambiti di applicazione clinica (1,3).
La dieta chetogenica “classica” normocalorica, utilizzata a partire dagli anni ’20 nell’epilessia farmaco-resistente, è impiegata come prima linea di trattamento nel deficit di GLUT-1 e di piruvato deidrogenasi (5), oltre che per l’emicrania (trattamento preventivo) (4), per alcune patologie neurologiche (malattia di Parkinson e malattia di Alzheimer) (4) e per alcuni tumori cerebrali maligni (glioma primitivo o ricorrente) (4,5).
Dati di letteratura molto recenti hanno, inoltre, ipotizzato un possibile impiego della dieta chetogenica come opzione terapeutica per contrastare l’iperglicemia e prevenire la tempesta citochinica osservata nei pazienti con COVID-19 (9).
La Very Low-Calorie Ketogenic Diet (VLCKD) è uno specifico protocollo di dieta chetogenica a basso contenuto calorico (circa 800 Kcal giornaliere), ipoglucidica, normoproteica e ipolipidica (Tabella 2) e si presenta, invece, come uno strumento clinico molto interessante per il trattamento delle persone con obesità (1–3,10).

Tabella 2. Proporzioni di macronutrienti nei differenti protocolli di dieta chetogenica (1,3,11,12)
Entrambi i protocolli di dieta chetogenica presentano una composizione in macronutrienti molto differente rispetto alle normali raccomandazioni dietetiche e per questa ragione è necessario che tali diete siano prescritte da operatori sanitari esperti e che vengano scrupolosamente seguite secondo le indicazioni fornite e per i tempi indicati (1,5,10).
Indicazioni e controindicazioni della Very Low-Calorie Ketogenic Diet
Il Consensus Statement della Società Italiana di Endocrinologia (1) raccomanda fortemente la VLCKD per il trattamento dell’obesità e delle complicanze ad essa associate.
Nello specifico, la VLCKD risulta indicata in caso di:
- obesità grave;
- obesità sarcopenica;
- obesità grave pre-intervento di chirurgia bariatrica;
- obesità e diabete mellito di tipo 2 con funzione beta-cellulare preservata;
- obesità e ipertrigliceridemia;
- obesità e ipertensione arteriosa;
- obesità in età pediatrica con associata epilessia, insulino-resistenza di grado elevato e/o altre comorbidità o non responsiva al trattamento dietetico convenzionale.
Altre indicazioni (1), con raccomandazione meno forte, sono rappresentate dalla presenza di obesità in associazione a disbiosi intestinale, ad elevati livelli di colesterolo LDL o bassi livelli di colesterolo HDL, a steatosi epatica non-alcolica, a scompenso cardiaco di classe NYHA I-II e aterosclerosi, a ipogonadismo maschile secondario, a sindrome dell’ovaio policistico e ad incremento ponderale correlato con stato menopausale e a patologie neurodegenerative associate ad obesità sarcopenica.
Nonostante la VLCKD sia già stata ampiamente utilizzata in differenti ambiti clinici, mostrando efficacia e sicurezza, prima di avviare il protocollo chetogenico, è assolutamente necessario escludere la presenza di alcune patologie.
Tra le controindicazioni assolute alla VLCKD si riportano (1–3,10):
- gravidanza e allattamento;
- diabete mellito di tipo 1 e forme autoimmuni di diabete mellito, diabete mellito con grave disfunzione delle beta cellule pancreatiche;
- uso di farmaci inibitori SGLT2 (rischio di chetodacidosi diabetica euglicemica);
- insufficienza renale moderata o grave;
- insufficienza epatica;
- insufficienza respiratoria;
- scompenso cardiaco classe III-IV NYHA;
- angina instabile, aritmie cardiache o infarto del miocardio da meno di 12 mesi;
- disturbi del comportamento alimentare o abuso di alcol e sostanze stupefacenti;
- gravi patologie psichiatriche;
- pazienti fragili;
- intervento chirurgico o procedure invasive programmate entro le successive 48 ore;
- periodo peri-operatorio;
- patologie rare (porfiria, deficit di carnitina, di carnitina-palmitoil transferasi, di carnitina-acilcarnitina translocasi e di piruvato carbossilasi, disordini della beta ossidazione mitocondriale).
Prima dell’avvio della VLCKD è indispensabile eseguire una valutazione laboratoristica (emocromo, glicemia, profilo lipidico, funzione renale ed epatica, uricemia, elettroliti, sideremia, vitamina D, funzione tiroidea, esame delle urine). E’ consigliabile ripetere gli esami anche durante e a conclusione del programma dietetico.
VLCKD e obesità: benefici clinici ed effetti indesiderati
La VLCKD, rispetto all’approccio dietetico ipocalorico non chetogenico, presenta numerosi vantaggi tra cui la possibilità di (1,2,13):
- ridurre l’appetito;
- ottenere un decremento ponderale clinicamente significativo in tempi brevi (5-10% del peso corporeo entro 6 mesi);
- preservare la massa muscolare;
- ridurre la massa grassa e i depositi di grasso viscerale;
- migliorare i parametri cardiometabolici e lo stato di infiammazione cronica di basso grado.
La rapida perdita di peso osservata in corso di VLCKD rappresenta un fattore fortemente motivante e migliora l’aderenza alla dieta (2). Inoltre, il percorso di “rieducazione alimentare” che segue la fase chetogenica della VLCKD (vedi prossimo paragrafo), è un momento cruciale per la gestione clinica a lungo termine di una patologia cronica come l’obesità (1–3).
Gli studi clinici a disposizione ci consentono di definire la VLCKD uno strumento efficace e sicuro per il trattamento delle persone con obesità.
Tuttavia, sono stati osservati alcuni effetti indesiderati a breve e a lungo termine (Tabella 3) (2).

Tabella 3. Effetti indesiderati a breve e lungo termine (2)
È importante sottolineare come gli effetti indesiderati della VLCKD siano di tipo transitorio e siano facilmente prevenibili con una regolare e adeguata idratazione e con supplementazione vitaminica ed elettrolitica.
Protocollo VLCKD
Il protocollo VLCKD si articola in 7 fasi (Figura 1) (1–3). Nelle prime fasi è prevista l’assunzione di un numero variabile, in base a parametri antropometrici come l’altezza, di pasti sostitutivi a base di proteine di alto valore biologico, in aggiunta al consumo di 2 porzioni di verdure a basso indice glicemico al giorno.
La durata complessiva del percorso di VLCKD è strettamente connesso a:
- obiettivi da raggiungere (Fase 1-3 fino al raggiungimento dell’80-85% del decremento ponderale desiderato) ;
- condizioni cliniche dei pazienti e compliance al trattamento;
- eventuale insorgenza di effetti collaterali.

Figura 1. Fasi della VLCKD
Le fasi nelle quali si avvia e si mantiene il processo della chetogenesi sono le prime tre fasi (Fase 1, 2 e 3), e le società scientifiche suggeriscono di non prolungare il periodo di chetogenesi oltre le 12 settimane. Nelle successive fasi di ri-educazione alimentare (Fasi 4-6), invece, si procede alla graduale reintroduzione degli alimenti iniziando dagli alimenti con indice glicemico più basso e preferendo, quindi, frutta a più basso indice glicemico, latticini e formaggi con un contenuto più basso di lattosio e cereali integrali. La fase 7 è la delicata fase del follow-up nel quale si riavvia una dieta di tipo Mediterraneo e l’obiettivo è il mantenimento del peso corporeo raggiunto (1,2).
Conclusioni
La VLCKD rappresenta un’opzione terapeutica efficace e sicura per il trattamento delle persone con obesità, malattia cronica associata a numerose complicanze. La corretta prescrizione di questo regime dietetico, insieme al monitoraggio regolare e costante con supervisione medica, permette di ottenere risultati clinicamente significativi in tempi rapidi, minimizzando l’insorgenza di effetti collaterali.
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