Simone Belli1, Chiara Galletti2
La disponibilità immediata di contenuti espliciti sessualmente può determinare una dipendenza. Cerchiamo di capirne le basi per approntare eventuali soluzioni.
Introduzione
La sessualità è alla base del benessere fisico, psicologico e sociale della persona. Basti pensare come, nelle ricorrenti conversazioni quotidiane in qualsiasi contesto storico-culturale, la sessualità sia da sempre stata al centro della conversazione, oggetto di ironia, confidenze verso il prossimo, racconti, e sogni.
La dipendenza sessuale o “sexual addiction” suscita crescente interesse, visti gli innumerevoli strumenti forniti dalla tecnologia nell’era dei social-network e delle piattaforme di condivisione; essa si pone al confine di quella sottile linea che divide patologia e “normalità”. Da qui, per comprendere i meccanismi coinvolti nella sexual addiction, riprendiamo il concetto sopracitato di sessualità. In Italia si stima una prevalenza di dipendenza da sesso del 5,8%, dati simili a quelli internazionali che parlano di una forbice dal 3% al 6% con una prevalenza nel sesso maschile.

Il “sexting”
Da qui, relativamente ai disturbi della sfera sessuale, emerge un ulteriore problema correlato ai tempi odierni e alle nuove generazioni, ma non solo: il cybersesso, praticato tramite il cosiddetto sexting. Secondo dati recenti della Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica (FISS) il 48% degli adolescenti pratica sexting ed il 15% soffre di dipendenza ossessiva da cybersesso. Cosa intendiamo per sexting? Per sexting s’intende quella abitudine sempre più diffusa di inviare messaggi, testi, foto e video tramite cellulare o piattaforme social. Abitudine che abbiamo visto tramite le cronache avere ripercussioni devastanti in coloro che finiscono per diventare vittime di questa moda, vittime di ricatti ed umiliazioni pubbliche. La pratica del sexting e la fruizione crescente di materiale pornografico on-line viene vissuta ormai come routinaria, non pericolosa, ludica. Quello che non viene percepito è l’estrema pericolosità di questa pratica poichè causa di dipendenze che possono sfociare in ossessione, in particolare per i soggetti privi di un’adeguata educazione sessuale a livello scolastico e familiare e sterili da un punto di vista affettivo.
Queste pratiche coinvolgono perlopiù persone con scarse relazioni, che vivono con ansia il semplice rapporto o il confronto con il prossimo, che vedono nel mondo virtuale un porto sicuro in cui ormeggiare, laddove il piacere si può raggiungere e vivere senza sottoporsi ai giudizi degli altri. Basti pensare che l’appagamento sessuale in questi casi avviene nella più completa solitudine creando un habitat perfetto per soggetti già fragili dal punto di vista del concetto olistico della sessualità, persone insicure, dall’identità fragile e con scarsa autostima, che vivono nella paura di un confronto con uomini o donne esigenti, timorosi di provare sentimenti di rifiuto o vergogna. Spesso queste pratiche possono creare un mondo virtuale lontano da quello tangibile, un mondo che crea aspettative false, magari irraggiungibili per le caratteristiche e le peculiarità di ognuno di noi, cosi diversi psicologicamente e fisicamente. Circostanze queste, che vanno di pari passo con disturbi della sessualità maschile come deficit erettile, eiaculazione precoce o ritardata.
Il deficit erettile ha cause psicogene organiche o miste, caratterizzato dall’incapacità di ottenere e mantenere un’erezione per completare un’attività sessuale e una diminuzione della rigidità erettile. È pertanto un disturbo che abbraccia anche la disciplina psichiatrica, a ricordare, se ce ne fosse bisogno, quanto sia importante un approccio multidisciplinare alla sfera della sessualità. Da qui, si capisce la necessità, in termini di prospettive future, di prevenire questi disturbi tramite un’adeguata educazione sessuale e relazionale nei più giovani, lavorando sulla consapevolezza della concezione della propria persona, sia facendo conoscere anatomicamente e fisiologicamente i componenti della nostra sfera sessuale. In tal senso è opportuno sottolineare quanto potrebbe essere utile incentivare e favorire attraverso campagne di sensibilizzazione, al momento rare, una semplice visita urologica in età adolescenziale per riconoscere eventuali problematiche organiche/fisiologiche a livello genitale maschile che nei più svariati modi possono sfociare in un futuro disturbo della sfera sessuale.
Possibili basi psicopatologiche
Nonostante l’antico interesse per la materia, non vi è ancora un accordo sull’identificazione di una patologia sottesa ad un unico pattern clinico e di conseguenza nemmeno sulla definizione del disturbo. Il termine sexual addiction è stato solo uno di quelli proposti per individuare il disturbo che nel corso degli anni è stato etichettato anche come ipersessualità, disturbo da ipersessualità, disturbo del comportamento sessuale compulsivo. Alcuni studi, in particolare di neuroimaging funzionale, supportano l’ipotesi di un coinvolgimento dei medesimi circuiti neuronali che caratterizzano i comportamenti sessuali, i processi di identificazione e regolazione delle emozioni e della gratificazione. Il pioniere degli studi sui comportamenti aberranti sessuali fu il barone Richard von Krafft Ebing, neuropsichiatra tedesco, che nella sua “Psicopatia della sessualità” pubblicato nel 1886 tentò una revisione sistematica quasi enciclopedica di oltre 200 casi clinici con comportamenti sessuali deviati.
Ai nostri tempi, la sexual addiction viene identificata come caratterizzata da un persistente pattern di disregolazione, con impulsi e comportamenti sessuali ripetitivi per un periodo prolungato di tempo, che il soggetto non è riuscito,malgrado vari tentativi, a diminuire o sospendere. Tali comportamenti causano marcato stress e disfunzione nelle aree personale, familiare, sociale, lavorativa o in qualsiasi area importante di funzionamento del soggetto. Attualmente vengono identificati come segni di dipendenza sessuale sia sintomi comportamentali che cognitivi ed emotivi.
Quelli comportamentali sono:
- frequenti incontri sessuali,
- ricerca spasmodica di nuovi partner sessuali,
- masturbazione compulsiva, uso frequente della pornografia,
- ripetuti insuccessi dei tentativi di ridurre o sospendere l’attività sessuale,
- volontà di intraprendere l’attività sessuale anche senza la presenza di eccitazione fisica,
- coinvolgimento in attività sessuali a rischio.
I sintomi cognitivi ed emotivi sono:
- pensieri ossessivi sul sesso,
- sentimenti di colpa per l’eccessiva attività sessuale,
- desiderio di sopire emozioni spiacevoli,
- solitudine, vergogna, bassa autostima,
- vergogna e segretezza sui propri comportamenti sessuali,
- preferenza per il sesso in anonimato,
- progressiva disconnessione tra sesso e intimità.
Altri aspetti spesso sottovalutati comprendono: razionalizzazione sulla continuazione dell’attività sessuale, indifferenza nei confronti del proprio partner sessuale abituale, mancanza di controllo in diversi aspetti della propria vita non direttamente legati al comportamento sessuale, desiderio di evitare o eliminare le emozioni negative.
Nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5), la sexual addiction non è stata inserita come categoria diagnostica a sé stante, data la limitatezza dei dati riportati in letteratura a tale riguardo. La sexual addiction tuttavia, è stata inclusa nell’ICD-11, ovvero la classificazione internazionale delle malattie, come “Disturbo del comportamento sessuale compulsivo. Tali discrepanze tra le comunità scientifiche internazionali derivano innanzitutto dalla difficoltà di tracciare una linea tra comportamenti considerati “normali” e comportamenti considerati “deviati” e dalla difficoltà di individuare criteri diagnostici che possano caratterizzare tale diversità.
Alterazioni a livello dei circuiti in cui è coinvolta la dopamina causano disfunzioni motorie (Parkinsonismi), neuro-ormonali (iperprolattinemie), patologie psichiatriche (psicosi), problemi nella sfera della gratificazione e dipendenze patologiche (sostanze da abuso, gioco d’azzardo, sexting, etc…).
Inoltre, i dati attualmente disponibili non hanno ancora permesso di comprendere quale sia il processo psicopatologico sotteso a tale problematica: alcuni gruppi di ricerca evidenziano, nella dipendenza sessuale, soprattutto la presenza di immagini e pensieri ossessivi a contenuto sessuale e la messa in atto di comportamenti sessuali compulsivi. Altri hanno evidenziato soprattutto la presenza di pattern patologici simili a quelli delle dipendenze da sostanze e quindi sottolineano la disregolazione del circuito della gratificazione, l’incapacità di controllare l’impulso e lo sviluppo di tolleranza e dipendenza da tali condotte. Inoltre, occorre valutare con attenzione se la sexual addiction rappresenti una manifestazione secondaria di un disturbo psichiatrico come il disturbo bipolare (nelle cui fasi ipo-maniacali è frequente la presenza di condotte sessuali anomale) o l’uso di sostanze o farmaci che, diminuendo il controllo sugli impulsi, facilitano l’attività sessuale.
In individui vulnerabili cioè, la reiterazione dell’assunzione di una sostanza o la ripetizione di un comportamento stesso (come nel nostro caso) possono determinare la prevalenza della dimensione appetitiva (quindi impulsiva) sulla dimensione cognitiva, nel processo di valutazione delle ricompense associate alle ricompense. Tali difficoltà non devono tuttavia impedire che si apra una lente di ingrandimento su questo argomento che sempre di più diviene attuale.
Importanza della diagnosi
Perché è dunque importante portare alla luce questo disturbo? Perché il soggetto con un disturbo del comportamento sessuale può recare a se stesso e agli altri gravi danni economici, relazionali, sociali e lavorativi derivanti dalle conseguenze di un’attività sessuale ripetitiva compulsiva. Inoltre, il soggetto con disturbo del comportamento sessuale potrà incorrere con maggiore probabilità in malattie a trasmissione sessuale (HIV, HBV, HCV), infezioni a trasmissione sessuale) e a problemi legali conseguenti alla possibilità di commettere reati a sfondo sessuale.
Conclusione
L’oggetto di studio, in questo caso, ha una variabilità individuale così ampia che il rischio sarebbe una sovra-diagnosi in soggetti con un’attività sessuale ricca che verrebbero diagnosticati con una patologia mentale. Quelli citati sono alcuni punti su cui insistere in un futuro prossimo, per ovviare alle problematiche suddette. Inoltre, un’attività sessuale compulsiva favorirà nel soggetto sentimenti di colpa, vergogna e inadeguatezza, esponendolo più facilmente al rischio di sviluppare altri quadri psicopatologici come quelli depressivi e ansiosi. È necessario avvicinare i giovani, e non solo, alla sessualità favorendo un’esperienza sessuale fatta di corpi reali, visi, sguardi, parole ed emozioni suscitate, che le pratiche del sexting e la pornografia on-line non potranno mai offrire.
Bibliografia
Sessuologia clinica. Modelli di intervento, diagnosi e terapie integrate. Vieri Boncinelli, Mauro Rossetto, Fabio Veglia, 2018 ed. Erickson
Autori
Simone Belli1, Chiara Galletti2
1Specializzando II anno Clinica Urologica Università degli Studi di Perugia
2 Psichiatra, ASL Umbria 2, Terni (TR)